E’ davvero risorto

Alla vittima pasquale,
s’innalzi oggi il sacrificio di lode.
L’Agnello ha redento il suo gregge,
l’Innocente ha riconciliato
noi peccatori col Padre.

Morte e Vita si sono affrontate
in un prodigioso duello.
Il Signore della vita era morto;
ma ora, vivo, trionfa.

«Raccontaci, Maria:
che hai visto sulla via?».
«La tomba del Cristo vivente,
la gloria del Cristo risorto,
e gli angeli suoi testimoni,
il sudario e le sue vesti.
Cristo, mia speranza, è risorto:
precede i suoi in Galilea».

Sì, ne siamo certi:
Cristo è davvero risorto.
Tu, Re vittorioso,
abbi pietà di noi.
(Sequenza pasquale)

Auguri di buona Pasqua di Resurrezione

 

Ciao suor Savina, tutto per Gesù

Sabato si è celebrato il funerale di suor Savina, un’ amica tornata alla casa del Padre dopo una breve ed improvvisa malattia.
Vogliamo ricordarla con queste poche parole.

Carissima suor Savina,
siamo qui oggi per darti l’ultimo saluto, certi che la tua anima ora sta già volando in alto, e vede finalmente il volto di Dio, un Dio cercato ed infine – oggi – trovato.
Tanti ti hanno incontrata durante la tua vita, ed ognuno porta in sé il ricordo di quello che sei stata: una donna, una suora, una suora pianzolina, una sorella, un’amica, una compagna, una mamma, e molto molto altro ancora.
Spesso, incontrandoti a casa madre o altrove, la tua voce squillante arrivava prima di te ed annunciava il sorriso luminoso che di lì a poco ci avrebbe accolto.
Eri un punto di riferimento, certi che ogni richiesta sarebbe stata sicuramente accolta con la disponibilità di chi mette la propria vita a servizio degli altri, ma soprattutto nelle mani di Dio.
Guardandoti si vedeva la felicità della tua vita, realizzata nella vocazione di seguire gioiosamente la strada tracciata da padre Pianzola.
Per tanti sei stata un’amica, sempre pronta a prendere parte alle gioie che ti portavano, come ad abbracciare le sofferenze che ti confidavano, condividendo sempre tutto con il tuo sorriso aperto ed accogliente.
Oggi ti piangiamo perché non sei più tra noi, e ci mancherai…tanto.
Ma al tempo stesso ringraziamo Dio per il dono che sei stata per ogni persona che ti ha conosciuta, che ti ha voluto bene.
Ringraziamo Dio per ogni vita che tu ha incontrato e che tu hai amato.
Ciao Savina, tutto per Gesù, e, con l’aiuto di Maria, arrivederci a più in là, certi che sarai ad attenderci con il tuo solito sorriso di sempre.

Sei mesi – Nevica – Avvento

Sono già passati più di sei mesi dalla nascita di Ester, e quando lei ci guarda e ride la nostra gioia è ancora come quella di quel giorno.

Oggi da un cielo cupo e nuvoloso scende una neve timida e bagnata, e dipinge i paesaggio con ruvide pennellate di un colore grigio/bianco.
E’ strano come pochi fiocchi possano cambiare il mio sguardo sulle cose, e dentro di me.

Dal treno che mi porta a Milano osservo una città ingrigita e umida, mentre dentro di me si fa spazio un desiderio di ricercare ancora più profondamente il senso della mia esistenza.

Viene il Signore
Nonostante tutte le mie, le nostre debolezze, Gesù viene ancora, come ha già fatto una volta nella storia e come ha sempre fatto e sempre farà.
Ripenso alle volte in cui è venuto ed io non me ne sono accorto, ma anche alle volte in cui, guardando la moglie ed i nostri figli, vedo l’immagine di un Dio che si è fatto carne ed è vivo in mezzo a noi.
Negli occhi di un bambino c’è il volto di Dio” : questo ci diceva un nostro amico sacerdote guardando la piccola Ester che sorrideva felice. E questa frase ci ha fato riflettere, ed ogni tanto ci ritorna alla memoria.
Sì, il Signore è passato, ne siamo testimoni !

Stare svegli, stare pronti
Se il Signore viene paragonato ad un ladro che arriva di notte, allora devo porre la mia attenzione proprio ai momenti in cui sono più distratto.
Quando il sonno della fede mi fa chiudere gli occhi, devo cercare di risvegliare la parte di me che cede alle lusinghe del “tutto va bene”.
E’ ora di scrollarmi via dalle spalle una pesantezza che mi sommerge l’anima, così come si toglie via la neve che ha cancellato la strada che porta a Gesù.

Ed un’altra volta viene il Signore.

Credits:
immagine presa da qui

Uomini di Dio – Des hommes et des dieux

Io ho detto: «Voi siete dèi, siete tutti figli dell’Altissimo,
ma certo morirete come ogni uomo, cadrete come tutti i potenti».
Sal 82, 6-7 – citato in Gv 10, 34

Foto dei monaci di Tibhirine, dal film Uomini di Dio

Degli uomini e degli dèi, secondo la traduzione letterale dal titolo in francese, è il film che è uscito alla fine di ottobre nelle sale cinematografiche italiane. Sono andato a vederlo con i miei 2 figli maggiori (7 e 10 anni).

All’inizio del film compare la citazione tratta dal salmo 82, che ci riporta alle radici fondamentali della nostra esistenza: veniamo tutti da Dio e siamo destinati a ritornarvi.
La nostra esistenza si snoda tra la nascita e la morte, ed è fatta per lo più da azioni comuni a tutti gli uomini.
Il film del regista Xavier Beauvois racconta la vita semplice dei monaci nel villaggio di Tibhirine (significa “piccolo giardino” in lingua cabila) in Algeria; una vita che è il risultato di precise scelte personali di ognuno dei monaci, che sono come i tasselli di un piccolo e bellissimo mosaico di pace, inserito in un contesto di guerra e violenza.

In passato mi aveva affascinato la storia di questi uomini e ne avevo parlato in un post dedicato alla giornata dei missionari martiri che ricorre il 24 marzo di ogni anno. Poi avevo saputo, dal festival di Cannes, dell’uscita di questo film che ha riportato alla luce la loro storia, e ne aspettavo l’edizione italiana.

Il film, che in Francia ha avuto un grande successo di pubblico, secondo me è stato realizzato  con una prospettiva “laica” ma che ha saputo cogliere gli elementi essenziali della vita dei monaci: dedizione ai poveri, preghiera, fedeltà alle scelte, umanità, perseveranza, ricerca della pace, in sintesi FEDE-SPERANZA-CARITA’.

Foto originale dei monaci di Tibhirine

La vita quotidiana di ognuno è fatta di piccole cose, ma dietro ci stanno delle scelte ben precise; anche i dubbi e le debolezze umane fanno parte di questo, ma sono sempre inserite in un contesto di fede vissuta.
Bellissimi e senza bisogno di commenti i momenti di preghiera cantati, soprattutto quello del Natale.
Gli attori sono tutti molto bravi ed espressivi: durante il pranzo sulle note del “Lago dei cigni” il volto di ognuno dice chiaramente quello che sarebbe impossibile da dire con le parole.

Piccola chicca che personalmente ho notato: Carlo Carretto, un testimone che io ho riscoperto da poco, viene citato nella lettura di un suo articolo, durante il pranzo comunitario, nella prima parte del film.

Lascio ora spazio ai due figli che hanno visto con me il film.

Luca:
Mi è piaciuto molto, l’unica cosa è che non c’era molta azione.
I miei personaggi preferiti sono Christian, perchè un mio amico si chiama così, e Luc perchè anche io mi chiamo così e da grande anche io vorrei fare il medico.
La scena che mi è piaciuta di più è la notte di Natale, quando Christian ed il capo terrorista si sono dati la mano.

Simone:
Mi è piaciuta la scena con la musica del “Lago dei Cigni”, che ho riconosciuto subito.
La fine, quando nevicava, mi è piaciuta molto.
Secondo me era troppo lungo.

PS:
Per chi si chiedesse come ho fatto a portare due bambini a vedere un film di questo genere, posso dire che ho parlato loro della storia dei monaci di Tibhirine, ho cercato di interessarli, ecc. ecc.
Devo anche ammettere che ho fatto questo baratto: prima i figli mi hanno portato a vedere un film di animazione di loro scelta (Cattivissimo me), poi abbiamo visto Uomini di Dio, in seguito di comune accordo andremo a vedere “Il viaggio del veliero”, la prossima uscita del film tratto dalle “Cronache di Narnia”.
😉

Credits:
Devo ringraziare per le foto, che sono prese dal blog di Luigi Locatelli, da una recensione del film che condivido abbastanza. Grazie

Diminuire per crescere

Commento al Vangelo del 3 ottobre 2010, XXVII domenica del tempo ordinario (anno C)

+  Dal Vangelo secondo Luca (Lc 17,5-10)
In quel tempo, gli apostoli dissero al Signore: «Accresci in noi la fede!».
Il Signore rispose: «Se aveste fede quanto un granello di senape, potreste dire a questo gelso: “Sràdicati e vai a piantarti nel mare”, ed esso vi obbedirebbe.
Chi di voi, se ha un servo ad arare o a pascolare il gregge, gli dirà, quando rientra dal campo: “Vieni subito e mettiti a tavola”? Non gli dirà piuttosto: “Prepara da mangiare, stríngiti le vesti ai fianchi e sérvimi, finché avrò mangiato e bevuto, e dopo mangerai e berrai tu”? Avrà forse gratitudine verso quel servo, perché ha eseguito gli ordini ricevuti?
Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: “Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare”».
Parola del Signore

Accresci la mia fede !
Tutto parte da questa semplice domanda che i discepoli rivolgono a Gesù. Certamente essi si aspettano una serie di indicazioni pratiche, invece ricevono un esempio dell’atteggiamento con cui si devono fare le cose: come servi, e per di più inutili.
Questo non vuol dire che mi devo rassegnare alla mia piccolezza ed alla mia inutilità, ma mi fa mettere nella giusta dimensione le opere che io compio : sono le opere Dio stesso compie attraverso di me, ed io non sono altro che uno strumento , un servo.

Per crescere nella fede devo saper dimuire in tutto quello che mi impedisce di avere un rapporto vero con Gesù.
Solo così si possono compiere azioni che mi sembrano impossibili, ma diventano reali perchè sono compiute da Dio attraverso di me.

Una massima di Sant’Ignazio di Loyola, il fondatore della Compagnia di Gesù, era questa: “Fa come se tutto dipendesse da te, aspettati come se tutto dipendesse da Dio“. Il suo significato, duplice significato: impegnati senza avere aspettative e tutto quel che ti giungerà sarà comunque buona cosa, perchè proverrà da Dio

Sto leggendo (per la seconda volta) “Lettere dal deserto”, un libro di Carlo Carretto, del quale ricorre in questi giorni l’anniversario dei 100 anni dalla sua nascita.
Riporto un brano del libro.

Per molti anni avevo pensato di essere “qualcuno”nella Chiesa. Avevo perfino immaginato questo sacro edificio vivente come un tempio sostenuto da molte colonne piccole e grandi e sotto ogni colonna la spalla di un cristiano.
Anche sulle mie pensavo gravasse una sia pur piccola colonna.
A forza di ripetere che Dio aveva bisogno degli uomini e che la Chiesa aveva bisogno di militanti, vi avevamo creduto.
L’edificio gravava sulle nostre spalle.
Iddio, dopo aver creato il mondo, s’era messo a riposo; il Cristo, fondata la Chiesa, era scomparso nel Cielo. Tutto il lavoro era restato a noi, alla Chiesa. Soprattutto noi dell’Azione Cattolica eravamo i veri facchini, che sostenevano il peso della giornata.
Con questa mentalità non ero più stato capace d’andare in vacanza; anche la notte mi sentivo militante. Ed era tanto il lavoro, che, per espletarlo, il tempo non era più sufficiente. Si procedeva sempre di corsa da un impegno all’altro, da una adunanza all’altra, da una città all’altra.
La preghiera era affrettata, i discorsi concitati, il cuore agitato.
Siccome tutto dipendeva da noi e il tutto andava così male, si aveva ben ragione di essere inquieti.
Ma chi si era accorto di ciò? Sembrava sì giusta e sì vera la via dell’azione!
Già da piccoli s’era incominciato col ritornello: “Primi in tutto per l’onore di Cristo Re”; quindi, diventati giovani: “Tu sei guida”; diventati adulti: “Sei un responsabile, sei un capo, sei un apostolo”… A forza di essere “qualcosa” sempre, la piega dell’anima era stata presa; e le parole di Gesù: “Voi siete servi inutili”, “Senza di me non potete far nulla”, “Chi di voi vuol essere il primo sia l’ultimo” sembravano dettate per altra gente, per altri tempi; e scorrevano sulla pietra dell’anima senza più intaccarla, bagnarla, ammorbidirla.
È caratteristica la parabola della mia vita. Il mio primo maestro mi aveva detto: “Primo in tutto per l’onore di Cristo Re”; e l’ultimo, Charles de Foucauld, mi aveva suggerito: “Ultimo di tutti per l’amore di Gesù Crocifisso”.
Eppure può darsi che tutti e due avessero ragione e che il colpevole fossi io a non capire bene la lezione.
In ogni caso ora ero là, in ginocchio, sulla sabbia della grotta che aveva preso le dimensioni della Chiesa stessa; e sentivo sulle mie spalle la famosa colonnina del militante. Forse era questo il momento di vederci chiaro.
Mi trassi indietro di colpo, come per liberarmi da quel peso. Che cosa avvenne? Tutto rimase al suo posto, immobile. Non una scalfittura nella volta, non uno scricchiolio.
Dopo venticinque anni mi ero accorto che sulle mie spalle non gravava proprio niente e che la colonna era falsa, posticcia, irreale, creata dalla mia fantasia, dalla mia vanità.
Avevo camminato, corso, pedalato, organizzato, lavorato, credendo di sostenere qualcosa; e in reltà avevo sostenuto proprio nulla.
Il peso del mondo era tutto su Cristo Crocifisso. Io ero nulla, proprio nulla.
Ce n’era voluto a credere alle parole di Gesù che da duemiola anni mi aveva già detto: “Voi, quando avete fatto tutto ciò che vi è stato comandato dite: Siamo servi inutili, perché abbiamo solo fatto il nostro dovere” (Lc 17, 10).
Servi inutili !

Carlo Carretto – Lettere dal deserto

Una ricerca permanente

Antonio Thellung mi manda un contributo, tratto dal suo libro “L’inquieta felicità di un cristiano“, che ha un riferimento a Nicodemo e Tommaso come esempi di “ricerca”.

Una ricerca permanente

Se metter mano all’aratro è una metafora tutt’altro che semplice da capire, quando viene applicata al contesto della vita quotidiana, ancor più misterioso appare il significato del non voltarsi indietro. L’indagine finisce per investire la sfera psicologica, ma d’altra parte, mi domando, esiste un reale confine tra psiche e spirito? Ad esempio, i celeberrimi esercizi spirituali di Sant’Ignazio non sono forse, in gran parte, esercitazioni psicologiche? Talvolta la complessità mentale sembra volersi burlare di noi, ma forse, mi piace pensare, lo fa per tenerci svegli.

Dopo aver trascorso molti anni della mia vita a ricercare modi e atteggiamenti per farsi discepolo nel quotidiano, oggi mi accorgo di essere ancora un cristiano part-time. Forse dipende dallo stupore che non cessa di farmi compagnia, o forse mi sento attratto da troppi interessi per seguire un’unica direzione. Per questo cerco d’identificare e approfondire ciò che veramente conta, ciò che può facilitarmi il distacco dal superfluo. Comunque sia, mi sono accorto che interrogarmi continua a essere uno straordinario alimento per la mia fede, perché spero se non altro di smascherare almeno qualche tranello fra quelli che la stimolante e subdola complessità psichica mi tende ogni giorno.
Le deduzioni sembrano chiare, e tuttavia trovo arduo rendermi conto a che punto mi trovo con la mia coscienza. Istintivamente direi di essere abbastanza avanti, ma ho anche sentito dire che è difficilissimo formarsi un’autentica coscienza, perché ciascuno pensa di averne una già sufficientemente matura, a qualsiasi livello si trovi. A studiare taluni insegnamenti spirituali orientali e occidentali verrebbe voglia di dire: la coscienza, questa sconosciuta. C’è anche chi insinua che, di fatto, lo stato di coscienza ordinaria è da considerarsi patologico. Io non saprei cosa pensare, ma mi domando quale rischio corro di farmi delle illusioni. Capisco che altro è una percezione generica di sé, altro il senso consapevole della propria realtà.

Vero che l’atteggiamento di ricerca permanente è faticoso, esige un dispendio di energie, richiede una continua attenzione per non smarrirsi in subdole complicazioni, e anche per non lasciar spazio a quell’autentica tentazione del maligno che propone interpretazioni artefatte dell’umiltà e della presunzione (chi sono io per poter indagare il senso della realtà? Non ne sono capace, non sono all’altezza, non ne sono degno): un atteggiamento che invita alla delega di coscienza. Ma l’umiltà non è servilismo, non è sottomissione, non è rinuncia. Al contrario è una virtù stimolante che, partendo dalla consapevolezza dei propri limiti, aiuta a disfarsi dei condizionamenti culturali per affrontare la ricerca con un coraggioso atteggiamento innocente.

Infatti, mentre la comune educazione di tipo ideologico e conflittuale ci spinge a fare domande non per conoscere qualcosa di nuovo, ma per cercare conferma alle nostre tesi precostituite, l’atteggiamento innocente consiste nel porsi senza pregiudizi davanti alla ricerca, con disponibilità a lasciarsi guidare, condizionare, modificare, modellare dalle risposte e dalle nuove scoperte. Questa è vera umiltà. Nella parabola degli invitati a nozze, “il re…. scorto un tale che non indossava l’abito nuziale, gli disse: come ti permetti di entrare qui senza abito nuziale?” (Mt 22,11-12). Ma non si riferiva ad abbigliamenti formali: l’abito nuziale evangelico è simbolo di castità, di atteggiamento libero da riserve mentali e doppiezza di cuore. È come se gli avesse detto: “come ti permetti d’indagare il divino per cercare conferma ai tuoi pregiudizi, o per farne un uso di comodo?”.

L’ammonimento mi tocca profondamente, suggerendomi di lasciar da parte scetticismo, diffidenze, furberie, secondi fini, per aprire la mente al mistero.
Esempi stimolanti li trovo in Nicodemo e Tommaso. Il primo non si stanca d’interrogare Cristo, anche se avverte che le sue “certezze” si stanno sgretolando. Il secondo non si accontenta di ricevere informazioni dall’esterno, ma chiede di essere personalmente “toccato” dal suo maestro. Entrambi ottengono i risultati cercati perché il loro atteggiamento resta limpido e sincero, secondo coscienza. Due insegnamenti determinanti, almeno per chi, come me, non riesce ad accontentarsi di una spiritualità precostituita. Ma la via della ricerca permanente è lastricata da cocenti delusioni, soprattutto perché con il passare del tempo appare sempre più evidente quanto sia complicato capirsi, quanto l’equivoco e l’ambiguità siano padroni del campo, quanto sia facile perfino ingannare se stessi! Si tratta di ostacoli difficilmente superabili per limiti di natura e di linguaggio, e anche quando si riesce a capire, puntualizzare, definire molte cose, i limiti della realtà conservano sempre dei contorni vaghi, perché con l’aumento delle conoscenze il confine dell’ignoto si dilata sempre più, quasi volesse prendersi gioco di noi. Devo ammettere che tutta questa mia fatica di anni e anni non mi ha portato a risultati esaurienti, ma mi consolo pensando che non è stata inutile, visto che alcuni frutti non si potrebbero negare. L’istinto mi dice che bisogna puntare in alto con impegno e perseveranza per ottenere almeno qualche risultato, sia pur modesto.

Se guardo a come sono attualmente scorgo in me tante e tante cose che non mi piacciono, ma vedo anche il cammino percorso, ricordo ciò che ero, e mi sembra incredibile essermi lasciato alle spalle tanti “attaccamenti”, tanti difetti, tante debolezze. Se invece guardo oltre, verso quel che potrei diventare, resto impressiono per la lunga strada ancora da percorrere, e capisco che la misura sarà sempre scarsa. Credo che tenere presente questa duplicità complementare mi potrà aiutare a non scoraggiarmi né a insuperbirmi. Quanto a misurarmi sugli altri non m’interessa affatto, perché so che non mi sarebbe di alcuna utilità.

Al cospetto della Croce

ESALTAZIONE DELLA SANTA CROCE

+  Dal Vangelo secondo Giovanni (GV 3, 13-17)
In quel tempo, Gesù disse a Nicodemo:
«Nessuno è mai salito al cielo, se non colui che è disceso dal cielo, il Figlio dell’uomo. E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna.
Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna.
Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui».

BEATA VERGINE MARIA ADDOLORATA

+  Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 19, 25-27)
In quel tempo, stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria madre di Clèopa e Maria di Màgdala.
Gesù allora, vedendo la madre e accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: «Donna, ecco tuo figlio!». Poi disse al discepolo: «Ecco tua madre!». E da quell’ora il discepolo l’accolse con sé.

In questi giorni (14 e 15 settembre) ricorrono due feste che sono strettamente legate: la memoria (o esaltazione) della Croce di Cristo ed il ricordo di Maria Vergine Addolorata.

Le vacanze sono ormai finite, la scuola è iniziata e tutte le attività stanno ormai riprendendo. Inoltre in diocesi è tempo di presentazione del piano pastorale e di ripresa delle attività parrocchiali e diocesane.

Queste due “feste”, posizionate allinizio dell’anno pastorale (e scolastico), cadono provvidenzialmente al momento giusto; infatti ci ricordano il fondamento di ogni nostra iniziativa che si svilupperà durante il prossimo anno: la Croce di Cristo.
E’ quesa la “base” della nostra fede, ed il tempo liturgico fa bene a ricordarcelo.
Inoltre la figura della madre di Gesù ci fa da guida per il percorso che stiamo iniziando.

Il dolore della Madre di Gesù mi fa comprendere quanto grande sia stato il sacrificio compiuto per la mia salvezza e quella di tutti.
Non si tratta di un dolore rinchiuso in sè stesso, ma si apre all’accoglienza di un nuovo figlio: il Vangelo parla di Giovanni, ma posso essere benissimo anche io.

Mi sono chiesto quale potessero essere i sentimenti di Gesù nel momento della crocifissione, ma non mi sono ancora dato una risposta.
Però ho trovato un bel quadro ( parte del “Polittico di San  Matteo,  dipinto da Antonio Thellung) che raffigura la crocifissione vista dalla parte di Gesù.
Lo riprongo qui, ringraziando l’autore.

Nicodemo visto da … Romeo

Ricevo una mail da Romeo, un lettore del blog, che mi offre alcuni suoi pensieri sul personaggio di Nicodemo, a me così caro.
Così
, con il consenso di Romeo, ho pensato di pubblicare queste riflessioni sul blog.

Mi ha molto incuriosito il personaggio di Nicodemo, che Gesù in Gv. 3,1-21, descrive :
Tu sei maestro in Israele e non sai queste cose? In verità, in verità ti dico, noi parliamo di quel che sappiamo e testimoniamo quel che abbiamo veduto; ma voi non accogliete la nostra testimonianza. Se vi ho parlato di cose della terra e non credete, come crederete se vi parlerò di cose del cielo?

Cosa rappresenta Nicodemo?
Noi, più o meno ricercatori della luce e della verità non ci comportiamo come Nicodemo?
Per conoscere la Verità non lo facciamo con le ns. paure interiori, un pò di nascosto per non avere noie con chi  ci sta vicino o con la Legge o Autorità. Di giorno mi occupo della mia sicurezza economica o posizione sociale, di notte dò sfogo alla mia interiorità.
Gesù ci aspetta sia di giorno che di notte e quando siamo predisposti ci apre la porta della conoscenza che porta a capire la verità la quale ci libererà da tutti i nostri pregiudizi o falsi concetti che sono la nostra prigione in cui noi stessi ci siamo rinchiusi.

Gesù parla al Nicodemo (giorno) per fargli capire ed anche far capire a noi l’ottusità a comprendere anche le cose più semplici e terrene che abbiamo incarnato in noi; come potrà Egli in queste nostre condizioni parlarci delle cose celesti.
Il Nicodemo (di notte) comprende e trasferisce con amore all’altra parte gemella l’impulso a cambiare a seguire la Via di Gesù (cose celesti) per inalzare la propria anima ad un livello più spirituale che terreno.
Più avanti nel brano Gesù è ancora più chiaro “la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno preferito le tenebre alla luce perchè le loro opere erano malvagie”.

Bisogna pertanto sforzarsi di passare per la porta stretta, andare contro alla parte malvagia operando secondo gli insegnamenti di Gesù e di Maria.
Ho visto una volta per televisione un documentario che rappresenta molto bene il lavoro da fare; i salmoni risalgono la corrente dei fiumi con sforzi enormi e saltando allo scopo di deporre le proprie uova alle sorgente del fiume. Molti di essi vengono mangiati dagli orsi o muoiono dopo aver raggiunto il loro scopo.
Per rinascere come dice Gesù a Nicodemo bisogna morire all’Errore.
Per morire all’Errore bisogna comprendere ed accettare l’Errore, solo così si opererà la trasformazione che è la rinascita libera dall’Errore.

Un grosso abbraccio uniti nell’AMORE di GESU’ e di MARIA nostri veri amici e Salvatori.
Romeo.

Grazie Romeo !
E tu che stai leggendo, se hai qualcosa da dire e se vuoi pubblicarlo qui, questo spazio è sempre aperto.
Nicodemo

Dalla parte opposta

Commento al Vangelo del 29 agosto 2010, XXII Domenica del Tempo Ordinario (anno C)

+  Dal Vangelo secondo Luca (Lc 14,1.7-14)
Avvenne che un sabato Gesù si recò a casa di uno dei capi dei farisei per pranzare ed essi stavano a osservarlo.
Diceva agli invitati una parabola, notando come sceglievano i primi posti: «Quando sei invitato a nozze da qualcuno, non metterti al primo posto, perché non ci sia un altro invitato più degno di te, e colui che ha invitato te e lui venga a dirti: “Cèdigli il posto!”. Allora dovrai con vergogna occupare l’ultimo posto. Invece, quando sei invitato, va’ a metterti all’ultimo posto, perché quando viene colui che ti ha invitato ti dica: “Amico, vieni più avanti!”. Allora ne avrai onore davanti a tutti i commensali. Perché chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato».
Disse poi a colui che l’aveva invitato: «Quando offri un pranzo o una cena, non invitare i tuoi amici né i tuoi fratelli né i tuoi parenti né i ricchi vicini, perché a loro volta non ti invitino anch’essi e tu abbia il contraccambio. Al contrario, quando offri un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi; e sarai beato perché non hanno da ricambiarti. Riceverai infatti la tua ricompensa alla risurrezione dei giusti».
Parola del Signore

Invitati
La Parola di Dio è piena di esortazioni ed in questo brano abbiamo la parola “invitare” che compare per 10 volte e fa da cornice al brano stesso, il quale presenta due diverse contrapposizioni.
Nella prima parte io sono invitato ad un banchetto di nozze, ma non mi accorgo di tutti gli altri commensali e penso solo a me stesso, cercando di mettermi in evidenza. Questo atteggiamento viene riconosciuto e ribaltato con la parola “invece“, che mi manda a sedere dall’altra parte del tavolo.
Seduto dalla parte opposta mi metto a guardare cosa succede: gli ultimi, quelli che io non vedevo, sono ora seduti ai primi posti e si mettono a parlare con Gesù; inizialmente sono colto da un sentimento di invidia ma poi, a poco a poco, il mio animo si acquieta; da questo punto di osservazione riesco a capire che il modo di vedere di Gesù è capovolto rispetto al mio; senza questa esperienza non sarei stato in grado di comprendere cosa vuole veramente Gesù da me: che io cambi il mio punto di vista e che io mi accorga di tutti gli altri invitati.
Infine una grande gioia mi invade quando Gesù mi chiama: “amico, vieni qui vicino a me, c’è ancora un posto libero”.
Solo essendo ultimo io riesco a fare esperienza dell’Amore che Gesù ha per me, e comprendo che il Regno di Dio è un banchetto al quale siamo tutti invitati.

Invitare
Nella seconda parte del brano sono io che voglio invitare: a chi mi rivolgo ? Da quale parte è voltato il mio sguardo ?
E’ certamente un momento di gioia poter invitare qualcuno a casa mia, e spesso mi aspetto che il mio invito venga poi contraccambiato; oppure faccio un invito per un mio scopo utilitaristico.
Tutto questo perchè il mio sguardo è rivolto unicamente alle persone dalle quali posso ottenere qualcosa, in termini di stima, affetto, ricompensa, ecc..
Gesù mi dice che è “al contrario” che devo guardare, ovvero dalla parte opposta, dove ci sono persone che non hanno nulla da darmi in cambio. Sono quelli ai quali mi è difficile rivolgermi e che magari considero al di fuori della cerchia di amicizie; sono quelli che ritengo siano noiosi e che spesso si continuano a lamentare, o che magari non riesco a sopportare.

Per essere beati, come Maria
Questa è la beatitidine degli umili, quella che Maria annuncia nel Magnificat:

perché ha guardato l’umiltà della sua serva.
D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata

ha innalzato gli umili;
ha ricolmato di beni gli affamati,
ha rimandato i ricchi a mani vuote.

Maria, aiutami ad avere occhi come i tuoi, umili e sempre attenti a guardare “dalla parte opposta” .

Un grazie a Tanino, questi miei pensieri si ricollegano al post Felicità è … Vivere per la felicità degli altri, che ho letto ed apprezzato molto.
Prendo “in prestito” anche l’immagine che correda l’articolo; foto di Maurizio Mosconi – Castelluccio. Grazie anche a lui.

Grandi cose !

Commento al Vangelo del 15 agosto 2010, Assunzione della Beata Vergine Maria

+ Dal Vangelo secondo Luca (Lc 1, 39-56)
In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda.
Entrata nella casa di Zaccarìa, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo.
Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto».
Allora Maria disse:
«L’anima mia magnifica il Signore
e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore,
perché ha guardato l’umiltà della sua serva.
D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata.
Grandi cose ha fatto per me l’Onnipotente
e Santo è il suo nome;
di generazione in generazione la sua misericordia
per quelli che lo temono.
Ha spiegato la potenza del suo braccio,
ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore;
ha rovesciato i potenti dai troni,
ha innalzato gli umili;
ha ricolmato di beni gli affamati,
ha rimandato i ricchi a mani vuote.
Ha soccorso Israele, suo servo,
ricordandosi della sua misericordia,
come aveva detto ai nostri padri,
per Abramo e la sua discendenza, per sempre».
Maria rimase con lei circa tre mesi, poi tornò a casa sua.
Parola del Signore

Il 15 agosto è il giorno in cui si fa memoria del dogma dell’Assunzione proclamato da papa Pio XII nel 1950, che prima di questa data veniva celebrato fin dall’antichità come “dormizione” della Vergine Maria.

A me piace sottolineare una affermazione che, nel racconto di Luca, Maria dice riferendosi a sè stessa:

Grandi cose ha fatto per me l’Onnipotente

Approfittando di alcuni giorni di vacanza, mi sono fermato a ripensare alle “grandi cose” che Dio ha fatto per me in questi ultimi anni.
Le gioie nella nostra famiglia, la nascita dei nostri tre figli (è di de mesi fa l’ultima arrivata, Ester), la voglia di approfondire la Parola di Dio.
La consapevolezza di avere sempre un Padre che perdona ogni peccato, piccolo o grande che sia, a condizione di sapersi rivolgere a Lui in modo sincero e con un cuore puro.

Tanti piccoli frammenti di vita quotidiana che, messi insieme e guardati da lontano, mostrano il disegno perfetto di un “pittore invisibile” ; come un quadro che, a poco a poco prende forma e diventa realtà, anche la mia vita si delinea come tracciata da una mano sapiente.

Per accorgersi di come sia bello questo disegno basta fermarsi e guardare con gli occhi di Maria alla bellezza della nostra vita.

Gesù, aiutami ad avere occhi grandi come quelli di tua madre Maria, per vedere le grandi cose che Dio fa per me ogni giorno; di avere sempre fame e sete di Dio, cibo, speranza e conforto per il mio cammino e quello di tutti i miei fratelli.

Maria, insegnami ad avere la capacità di operare anche io le stesse scelte di Dio, che si è rivolto agli affamati, agli umili, ai poveri, a coloro che non hanno nulla, per capovolgere la loro condizione.

Ti ringrazio Dio per tutte le grandi cose che hai operato in me.