Responsabilizzare o rendere consapevoli

Il titolo potrebbe suonare strano perchè il primo dovrebbe corrispondere all’altro.

Invece, purtroppo, non è così.

Noto che si tende a “responsabilizzare” senza rendere consapevoli i bimbi di quello che stanno facendo.

Un esempio: il mettere a posto i giocatolli. Si dice e ripete al bambino di mettere in ordine i suoi giocatoli. Certo, ma perchè?

I bambini (come anche gli adulti) hanno bisogno di un perchè, di una dimostrazione che motivi un gesto od un altro.

Quindi: si mettono a posto i giocattoli perchè:

  1. rubano spazio per correre
  2. possono causare danni correndo
  3. non si trovano più

e via di questo passo.

Da non dimenticare, poi, il far vedere loro COME si mettono a posto i giocattoli … perchè i bambini non lo sanno!!! Specie se sono piccoli.

Questo si chiama rendere consapevoli e da qui dopo (ma solo dopo) arriva il responsabilizzare.

Il “rendere consapevoli” è in assoluto l’unica cosa importante da fare nell’educazione ai bimbi: in questo modo cresceranno forti di carattere, stabili emotivamente e poco propensi a seguire i “vari branchi” che la vita propone.

Il “rendere consapevoli” obbliga ad “usare la testa”, non ad ubbidire tanto per ubbidire.

Certo, è un grosso impegno per educatori e genitori, porta via un sacco di tempo … molto meglio scaricare tutto sotto il tema “responsabilizzare” che – diciamocela tutta – in questo caso serve solo a de-responsabilizzare educatori e genitori.

Un errore di questo genere provoca una crescita forzata, fuori dai tempi personalissimi di ogni bambino … e questa crescita forzata diventerà fonte di gravi problemi in età adolescenziale … senza considerare che potrebbe provocare in futuro una aggressività negativa (se gli altri non fanno ciò che si dice loro) e tendenza al comando.

Ho visto cose terribili nelle scuole … anche quelle materne: bambini obbligati a tenere in ordine armadietti senza supervisione, senza accompagnarli e senza far vedere loro, fino a quando impareranno, come si fa.

Sono esempi piccoli, ma quanti danni provocano alla psiche (delicatissima) dei bambini … sono gravi errori che fanno crescere su una strada sbagliata … del tutto “moderna” in cui vige l’apparenza, lo schiacciare l’altro e via discorrendo.

Questa tendenza a responsabilizzare piuttosto che a rendere consapevoli è molto diffuso e corrisponde ad una – ahimè – esigenza degli adulti di togliersi dai piedi i bimbi piccoli …perchè … ebbè … a 3 anni molti si stufano di spiegare 10/100/1000 volte e si “ordina” al piccolo di fare determinate cose con conseguenti sgridate o rimbrotti se non fa come si dice di fare.

E indizia a farsi strada la frustrazione  nei bimbi, la ribellione, lo sgomento per le sgridate o … il compiacimento a tutti i costi dell’adulto ma senza capire il motivo di questa sospensione di amore di cui è indice la sgridata.

Terribile, davvero terribile.

 

4 Replies to “Responsabilizzare o rendere consapevoli”

  1. Ciao Anna, trovo interessante quanto tu dici sull’educazione dei bimbi (immagino ti riferisci ad una età pre-adolescenziale); ti posso dire quello che penso:
    I bimbi piccoli nonostante la naturale curiosità non hanno particolari necessità ad essere consapevoli e/o responsabili ma sentono il bisogno di soddisfare la propria curiosità mettendoti alla prova, loro, attraverso le mille domande o attraverso rifiuti ovvero coinvolgimenti vari, tendono ad attirare l’attenzione del genitore su se stessi allo scopo di catturare ciò che in quel momento gli necessita. Se quello che loro hanno bisogno non coincide con quello che ricevono diventa difficile “l’educazione del bambino”.
    Tante volte può succedere che sono i genitori a dover imparare dai loro bimbi e quindi diventare consapevoli di molte cose oscure (i figli sono spesso gli specchi di se stessi).
    I genitori per i figli più che degli educatori dovrebbero diventare dei modelli da seguire portando avanti un progetto coerente di trasparenza e di reciproca fiducia naturalmente entro le reali possibilità di ognuno.
    Più facile da dire che da mettere in pratica.
    Da quando nasciamo, come a scuola, siamo perennemente sotto esame e possiamo passare alla classe superiore solo se superiamo gli esami sia come allievo che come insegnante.
    Romeo.

  2. La consapevolezza è il pilastro dell’educazione. Non è questione di particolare necessità che si avverte come potrebbe essere la fame, la sete, il desiderio di coccole. Non è neppure una cosa che si cerca (specialmente i più piccoli), non è una cosa esterna o un di più: è invece fondamentale che nulla ha a che vedere con lo spirito di emulazione, ma che molto ha a che vedere con l’affermazione di sé.
    La sfida all’adulto è già consapevolezza che si oppone ed è qui che la si deve girare in positivo, in collaborazione.
    Se c’è la sfida, c’è anche la consapevolezza che voglio quella cosa, ma MI PROIBISCONO DI PRENDERLA … E’ da qui che inizia il lavoro dell’educazione: tirare fuori la razionalita che permette al bambino di capire perchè gli adulti proibiscono quella cosa.
    E’ molto sottile la cosa, troppo scomoda e – soprattutto – pongono il bambino in una condizione di essere umano in crescita e non di cucciolo che viene punito fisicamente nel momento in cui fa una cosa che non deve fare.
    Guarda che i bimbi sono trattati così come cuccioli di animali, in fondo, con la scusa che “non capiscono niente … cosa vuoi che ne sappiano loro”.
    E’ la più grande offesa fatta ad un bimbo con l’esito che diventeranno uomini e donne con attitudine al comando e con la tendenza all’oppressione.
    Troppi libri si leggono, troppo poco si ascoltano i bambini ed ancor di meno troppi (tutti) adulti che “non si mettono nei panni di un bambino” … troppi che non si mettono in discussione.
    E queste cose non le dico io, ma le ho imparate sul campo affiancata da professionisti quali psicologi, pedagoghie psichiatri,

    1. Nella prima fase di crescita lasciamo che i bambini siano bambini, non si può pretendere che una pianta appena nata abbia già la consapevolezza, è man mano che cresce che diventa naturale, in base all’ambiente dove vive, ai condizionamenti esterni che diventi anche consapevole (deve fare radici sempre più forti per restare radicato al terreno e poter dar frutto). La consapevolezza è un processo lento che varia da individuo ad individuo (adulto o bambino che sia) è la cosa più sbagliata è intervenire per accellerarne o diminuirne il processo già in atto. L’educazione consiste nel capire il modo più adatto per l’individuo ad accettare una variazione già in atto (sia fisica che spirituale) per non causare danni gravi per il presente e/o futuro.
      Tanti studi possono essere utili come confronto ma ogni essere è diverso ed il bravo educatore deve essere sufficientemente elastico da capire la situazione reale mettendo al servizio le proprie conoscenze.
      Hai capito vero quello che voglio dire? Qualcuno più illuminato di me avrebbe detto “chi ha orecchie da intendere, intenda .:::”.

  3. Ma certo Romeo, diciamo la stessa cosa.
    “Lasciamo che i bambini siano bambini”, è appunto questo che non accade: si ha una premura terribile di farli diventare piccoli adulti, dentro a schemi strettissimi per cui ad una determinato anno di età “devono” essere fatte determinate cose … e se il bimbo non le fa, allora o lo si costringe o è “out”.
    Non c’è alcun rispetto per quello che tu dici che ogni bambino è un bambino diverso da ogni altro per tempi di crescita e tutto il resto.
    Quando parlo di consapevolezza (termine pomposo, è vero, e poco in voga, sicuramente molto meno che la parola “responsabilizzazione”), parlo di un processo lento nel pieno rispetto del bambino secondo le sue capacità e facendole emergere.
    Educare alla consapevolezza è il massimo dell’elasticità che implica osservazione, ascolto, intuizione, ecc. ecc.
    E’ un condurre e non una vessazione come invece accade dal Nido alla scuola in genere.
    Guarda che educando ci si educa … e che fastidio dà questa cosa agli adulti che tanto si sentono arrivati e pronti.
    E’ odioso e pericoloso quell’assilante “sei grande” … molto più adeguata l’espressione “stai crescendo”
    Davvero … diciamo la stessa cosa

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