Parole vane

Signore e padrone della mia vita,
allontana da me lo spirito di pigrizia, di scoraggiamento,
di dominio, di vane parole.

Quanto sono belle queste parole e quanto aiutano a vivere.

Sulla pigrizia, scoraggiamento e dominio potrei scrivere un sacco di cose perché questi 3 “spiriti” sono davvero “spiriti cattivi” che avvelenano la vita e che fanno del male, tanto e troppo male.

Ma sulle “parole vane” mi soffermo un po’ perché, temo, che anche qui sia una medaglia a doppia faccia.

Prima di tutto ognuno di noi immediatamente intuisce che cosa sono le “parole vane” , ma non credo siano proprio quelle quelle di cui il Signore ci dovrebbe liberare.

Le stupidate, le battute ci stanno anche bene nella vita: alleggeriscono momenti pesanti, tolgono la spina della rabbia (a volte), permette di rialzare la testa con un sorriso disimpegnato a chi sta troppo sopra a dei problemi/difficoltà umanamente irrisolvibili … insomma, certe “parole vane” tanto vane non sono per il frutto che portano.

Credo, invece, che le “parole vane” siano quelle supponenti di chi sa tutto, di chi ostenta il proprio conoscere del Signore, di chi è – nel 2010 – come gli amici di Giobbe.

Ora, non vorrei sempre parlare di sofferenza, ma ci sono costretta perché con più si vede il bene, con più si conosce la sofferenza altrui; con più si cambiano gli occhi, con più si legge la sofferenza altrui e … accidenti … ce n’è davvero tanta in giro, direi che siamo “invasi”, direi che siamo assediati in questa continua tentazione che non da tregua alcuna.

Ci sono poi sofferenze nascoste, disagi, sensazioni di svuotamento della vita, la certezza che “manchi qualcosa o Qualcuno di importante” ; ci sono sofferenze mistificate dei “cattivi”; ci sono le sofferenze fisiche che tutti vedono, le sofferenze psichiche di cui tutti ne provano gli  effetti e le sofferenze spirituali che sono le più tremende.

Bene, in tutto questo campionario di sofferenze (ma ce ne sono delle altre) c’è una sola cosa che può fare ordine e permette al “rappresentante maledetto di questa merce” di dire “No, grazie, sono a posto così: c’è il Padre mio che mi  procura ogni cosa  di cui ho veramente bisogno” ed è la parola vera, mai vana che viene dal cuore (quello vero, quello che in costante dialogo con il Signore).

Nel mio piccolo, chiedo al Signore la parola giusta, la parola che accarezza, la parola – perché no – che corregge, la parola che non giudica, la parola che apre ad altro e all’oltre.

E’ una parola che spesso è faticosa perché non si ha voglia di parlare … eppure basta un piccolo sforzo nella coscienza che la nostra parola è un dono da donare … e dalla bocca – come nelle favole delle fate – escono fiori e ricchezze inestimabili.

Preghiamo sì, preghiamo di avere questa parola che è la stessa di Gesù …

Nel deserto ci si va da soli, si sceglie di andarci e nessuno può costringere l’altro ad entrarci e … quelli che personalmente e spontaneamente entrano in questo deserto (e lo è davvero con tutta la sua durezza) condotti dallo Spirito Santo (e mica da credere che sia una “passeggiata” tipo pic-nic) quando escono, quando riescono a venirne fuori, hanno tante di quelle parole preziose per il cuore umano che neppure ce lo possiamo immaginare.

Gesù ha fatto così: 40 giorni di silenzio e di deserto e 3 anni di parlare continuo … ma che parlare gente!!!!

Le parole vane … sono altre e sono proprio quelle che nel pronunciarle ci fanno sentire un pochino dei “dei” che tutto sanno… e magari io stessa lo sto facendo adesso … E che ne so io? … Quello che so è che la gente chiede parole buone, ha fame di parole buone, ha bisogno di parole di giustizia intinte nella misericordia … per la gente è vitale una parola non ipocrita, ma vera, una parola che “istiga” a non cedere alla rabbia ed al rancore contro il prossimo e – quasi sempre – contro Dio. Nelle persone c’è una gran paura di essere soli ed abbandonati.

(p.s.: con questo post mi aspetto il classico fulmine dei cartoni animati di un Dio divertito che tuona “ma che cavolo sta dicendo questa!!!”)

Preghiera penitenziale di Sant’Efrem

Signore e padrone della mia vita,
allontana da me lo spirito di pigrizia, di scoraggiamento,
di dominio, di vane parole.

Concedi a me, tuo servo,
uno spirito di castità, di umiltà, di pazienza e d’amore.

Sì, Signore Re, rendimi capace di vedere i miei peccati
e di non giudicare il mio fratello,
tu che sei benedetto nei secoli dei secoli, Amen.

Questa preghiera, composta da Efrem il Siro (ca. 306-373), scandisce gli uffici della Quaresima.
Si ripete tre volte, facendo tre grandi «metanoie», cioè delle prosternazioni fino a toccare terra con la fronte.
Metanoia indica proprio la penitenza come ribaltamento di tutta la nostra comprensione del reale.

Olivier Clement – Tre preghiere – Jaca Book