Scendere dal Tabor per dissetare samaritane beate

Mi stupisce sempre il dialogo serrato tra le Letture proposte dal rito ambrosiano e da quello romano.

Anche quando paiono slegate tra di loro, in qualche modo si rivelano, poi, legatissime.
Oggi abbiano, nel Rito Romano – la trasfigurazione del Signore sul Tabor –  mentre  – nel Rito Ambrosiano – abbiamo la samaritana.
Se ci fermassimo alle sole parole ci risulterebbe impensabile legarle, ma se leggessimo le due pericopi una di seguito all’altra (prima la Trasfigurazione e poi la Samaritana) allora … allora tutto cambia.
Pietro vorrebbe fermarsi sul Tabor (e chi non lo vorrebbe?), ma Gesù spinge a ritornare coi … “piedi per terra”, in mezzo agli uomini e non ai santi.

Così ritornando a terra e proseguendo la lettura della pericope della Samaritana ci si accorge che – accantonando per un momento il significato teologico  – che non mi sognerei mai di proporre – c’è un’indicazione quaresimale veramente innovativa.
Un’indicazione che a me ha lasciato un po’ stupita (e non me ne vogliano i teologi che potrebbero leggere queste parole).
Si ritorna “giù” dal monte della trasfigurazione (della preghiera, del raccoglimento, dell’introspezione, del dialogo con il Signore) per andare a … dare “acqua” al prossimo, il sorriso al prossimo, l’accoglienza al prossimo.

Un’idea strana per un tempo penitenziale no? Un’idea molto alternativa per un tempo forte di conversione (che noi intendiamo sempre in termini “io e Dio”) no?
Vestirci di luce ed essere luce riflessa per il prossimo, aspettare il prossimo nel momento più faticoso (l’ora più calda e più deserta), aspettarlo proprio nel posto giusto e nel momento giusto … Ed in quel momento fare esattamente quello che Gesù ha fatto.
E che ha fatto Gesù? Niente, assolutamente niente di eccezionale (per noi) nessun miracolo, nessun prodigio … nulla! Ha solamente rivolto la parola ad una “straniera”, ad una emarginata o se vogliamo ad una persona che aveva sete di umanità.
Ecco le Beatitudini di questa domenica, la prima:

Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia

Perché dal Tabor si scende per misericordia! Una cosina che – anche etimologicamente – ha a che fare con il cuore. Ma con quale misericordia?
Ed ecco la seconda:

Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati

Portare allora pane e acqua per quelli che hanno fame e sete di giustizia.
Dal Tabor, dalla Quaresima si scende per entrare nell’intimo, nel cuore di ogni persona per saziare quella fame di giustizia (la samaritana era affamata di giustizia ed era oppressa dall’ingiustizia).

Dalla Quaresima, ma in ogni giorno di Quaresima dobbiamo rivestirci di quella luce che tutti conoscono e che tutti accolgono perché è essenziale come l’acqua: la luce di una persona che dona sostegno, affiancamento, comprensione, coraggio ecc.
Facciamo tutte le penitenze che vogliamo, ma dopo – camminando per strada ed incontrando la gente – lasciamo che davanti a noi cammini solamente la nostra umanità.
Questa credo sia la misericordia che ci viene chiesta, una misericordia che nasce da una preghiera intensa e da … una gratuità immensa.
E per agganciare queste due brani di Vangelo tra di loro e con le beatitudini mi ha aiutato – se non addirittura indicato – il nostro caro San Paolo che nel Rito Ambrosiano e proprio in questa domenica dice questo.

Lettera di san Paolo apostolo ai Gàlati 6, 1-10
Fratelli, se uno viene sorpreso in qualche colpa, voi, che avete lo Spirito, correggetelo con spirito di dolcezza. E tu vigila su te stesso, per non essere tentato anche tu. Portate i pesi gli uni degli altri: così adempirete la legge di Cristo. Se infatti uno pensa di essere qualcosa, mentre non è nulla, inganna se stesso. Ciascuno esamini invece la propria condotta e allora troverà motivo di vanto solo in se stesso e non in rapporto agli altri. Ciascuno infatti porterà il proprio fardello. Chi viene istruito nella Parola, condivida tutti i suoi beni con chi lo istruisce. Non fatevi illusioni: Dio non si lascia ingannare. Ciascuno raccoglierà quello che avrà seminato. Chi semina nella sua carne, dalla carne raccoglierà corruzione; chi semina nello Spirito, dallo Spirito raccoglierà vita eterna. E non stanchiamoci di fare il bene; se infatti non desistiamo, a suo tempo mieteremo. Poiché dunque ne abbiamo l’occasione, operiamo il bene verso tutti, soprattutto verso i fratelli nella fede.

E forse forse anche noi non “parleremo” di quello che abbiamo visto e vissuto sul Tabor, ma di certo si vedrà, di certo trasuderemo questa flebo di misericordia ricevuta lassù (che è quaggiù nell’Eucarestia) …. Perché il Tabor, oltre all’ennesimo riconoscimento di Gesù come Figlio di Dio, c’è anche l’indicazione di ascoltarLo …

e le Parole di Gesù sono misericordia pura


La preghiera di Ester

Dal libro di Ester (Es 4,17)

Tu sei benedetto, Dio di Abramo, Dio di Isacco, Dio di Giacobbe. Vieni in aiuto a me che sono sola e non ho altro soccorso all’infuori di te, o Signore, perché un grande pericolo mi sovrasta.
Io ho sentito dai libri dei miei antenati, Signore, che tu liberi fino all’ultimo tutti coloro che compiono la tua volontà. Ora, Signore, mio Dio, aiuta me che sono sola e non ho nessuno all’infuori di te.
Vieni in soccorso a me, che sono orfana, e poni sulle mie labbra una parola opportuna davanti al leone, e rendimi gradita a lui. Volgi il suo cuore all’odio contro chi ci combatte, a rovina sua e di quanti sono d’accordo con lui.
Quanto a noi, liberaci dalla mano dei nostri nemici, volgi il nostro lutto in gioia e le nostre sofferenze in salvezza.

Ester è una bellissima figura che ci viene tramandata dall’Antico Testamento.
Giovane donna ebrea, sposa del re Assuero, nel momento in cui il popolo ebreo rischia di essere sterminato per causa del perfido Aman, si trova davanti alla responsabilità di intercedere presso il re per salvare il suo popolo.
Il brano sopra è una parte della preghiera che Ester rivolge a Dio per preparsi ad andare a chiedere giustistizia per il suo popolo e così salvare i Giudei. Ed il re la ascolterà ed il popolo ebreo sarà salvo.

Ester (la regina), Assuero (il re) , Aman (il “cattivo”), Mardocheo (zio cugino e tutore di Ester e suo mentore) sono dei bellisimi personaggi che fanno parte della storia del popolo di Israele.
Ester è anche il nome che abbiamo dato a nostra figlia, che nascerà a maggio.

Artemisia Gentileschi, Ester davanti ad Assuero, 1628-1635 - Olio su tela, Metropolitan Museum of Art, New York

Foto presa da wikimedia (qui) ; altri dettagli qui

Tent-Azione

Giusto per continuare la strada nella comprensione della tentazione cercando di girare in bene ciò che all’apparenza è male, vorrei sottolineare una cosa che è molto frequente capiti, una cosa che toglie ogni forza per agire … insomma, paralizza un po’.

E’ decisamente bello e costruttivo pregare con intensità, pregare con il cuore aperto.

E’ decisamente appagante sentire quel “trasporto” nella preghiera”

(ovviamente il termine “appagante” non deve essere per forza inteso come un qualcosa di negativo, anch perché – spesso – questa sensazione è il motore, il “pieno di carburante” per i “momenti no”).

E’ decisamente entusiasmante avere quel desiderio di dialogare con il Signore.

Tutti abbiamo provato queste sensazioni così belle e così ristoratrici e tutti sappiamo quanta forza per agire danno, ma ….

Ma può capitare che, all’improvviso, tutto si svuoti, tutto sia come “muto”, tutta si impolveri con una sensazione terribile di “estraneità”.

Una cosa del tipo “Tu sei lì, io sono qui … ma non succede nulla … Signore, sei quasi uno straniero, uno sconosciuto “.

Decisamente terribile e decisamente bloccante.

Nel caso capitasse questo, nel caso qualsiasi preghiera non abbia senso in questo momento, nel caso ci si senta un po’ troppo “distratti” pensiamo solo che dobbiamo stare al nostro posto, ovvero davanti al Signore.

Non pensiamo sia il Signore che toglie questa intensità d’amore spesso provata, non pensiamo subito alla “prova”, ma pensiamo – invece – che è una tentazione per staccarci e lasciare il Signore al quale corrisponde una vaga insensibilità, un vago desiderio di abbandonare ogni azione di bene (anche il pregare lo è).

A questo punto dovremmo riuscire a lasciarci tentare dal bene a lasciarci tentare dall’azione del bene …. appunto TENT-AZIONE.

Questo non credo significhi fare grandi cose, spesso la tent-azione significa avere  la forza di scordare, di ricominciare, di sperare o di far scordare, far ricominciare, far sperare.

Spesso ho avuto il sospetto che fare qualcosa per qualcuno con soddisfazione non sia troppo cristiano … sì, insomma, ogni volta mi chiedo se faccio tutto per chi ha bisogno oppure lo faccio per me, per stare bene.

Ecco la TENT-AZIONE è ciò che ci permette di provare a noi stessi (e senza neppure saperlo) di essere totalmente gratuiti verso il prossimo e verso Dio e quindi senza alcuna sensazione di gratificante.

Certo ci si toglie il “gusto”, ma si guadagna quella famosa libertà da sé stessi e posso garantire che ogni azione di bene capiti in questo modo ed in questi momenti non sono per nulla forzate, ma sono spontanee, così spontanee che ci si chiede da che cavolo  di parte sia uscita questa forza.

Anche la tentazione di separarci dal Signore, alla fine diventa un mezzo per stare molto più vicini ed in modo totalmente gratuito (anche e soprattutto delle proprie emozioni) e diventa una strana esergia, appunto una TENT-AZIONE di bene.

Ecco, se qualcuno ha iniziato la Quaresima così … benissimo perché è il momento della verità in cui si decide e dimostra chi si ama: se il Signore o noi stessi.

Una volta passato questo momento ci si rende conto che anche il nostro amare il prossimo cambia e cambia di molto.

P.S.: ho usato il “noi”, ma avrei dovuto usare solo “io” …

Credits:
foto di Tanino (presa da qui) . Grazie

Sulle tentazioni

A Nicodemo (di notte) e a Gabriella

Quando ho pensato a questa riflessione mi sono accorta che quello di oggi è una Parola di Dio che è posta all’inizio ed alla fine della vita umana di Gesù.
Stesse tentazioni, stesso modo ed in alcuni casi , stesse parole.
Su di tutte le tentazioni c’è sempre una premessa che mette i brividi sentendola con le orecchie di Gesù perfettamente uomo:
“Se tu sei il Figlio di Dio …”

Il dubbio insinuato di essersi sbagliato, di essere un uomo come qualsiasi altro, di essersi immaginato tutto ed in questa immaginazione arrivare allo scontro con il “potere religioso”.
“Se tu sei il Figlio di Dio …”

Dai, chi reggerebbe ad un simile dubbio? Chi regge alla tentazione dentro alla tentazione? E già! Perché dire “Sì, sono il Figlio di Dio” potrebbe sembrare un atto di superbia, ma dire “Non lo sono” potrebbe essere una falsa umiltà, potrebbe essere un insulto al Padre tanto amato.
Di fatti, mi ha sempre impressionato il modo in cui Gesù non risponde a questa “premessa” inquietante, non in questo momento perché lo farà in modo straordinario davanti al Sommo sacerdote e davanti al Sinedrio con quel “Tu lo dici …”

Quindi stesso Vangelo all’inizio ed alla fine, quello che cambia è il “deserto” che all’inizio è un luogo deserto, ma alla fine è un luogo affollato: il deserto della solitudine anche in mezzo alla gente.

Ma, quello che mi ha fatto tremare le mani, non sono stati deserto e tentazioni perché – purtroppo – leggiamo un po’ troppo spesso il Vangelo come storia di un Dio che si è fatto uomo e quindi completamente diverso da noi.
La tentazione non è la proposta che arriva dall’esterno o dal nostro pensiero, ma è “accarezzare” questa tentazione come (ed è la furbizia e l’intelligenza del diavolo) possibilità di fare meglio nel bene proposto, è considerare la tentazione – addirittura – come “ideona” per dare successo a Dio (ma è a sé stessi che si darebbe successo).
Gesù ha provato questo limite, esattamente come noi. Gesù ha vissuto il suo arrivare fino al bordo del precipizio, fino all’ultimo stadio della tentazione che “convince” di non esserlo. Lui ci è arrivato ed ha sentito lo strappo, ha sentito la nostra facilità a quel punto di cadere e si è opposto con l’amore al Padre, con un profondo rispetto d’amore al Padre.

E’ straordinario questo Dio che vive la scelta tra il bene ed il male, che viene posto Lui stesso davanti alla scelta dentro una condizione perfettamente umana.
Dal Peccato Orginale siamo stati  salvato e liberati, ma siamo comunque dentro la scelta di chi amare.
Perché è sempre e solo una questione di AMARE, neppure d’amore, ma proprio di amare.

E’ quello spostamento (dove trova terreno fertile il male) dall’amarsi all’amare.

E’ un Vangelo, quello di oggi, che dovrebbe essere sempre letto partendo dalla Pasqua, ricordando la Passione perché – ripeto – è lo stesso Vangelo che oggi ha la voce del diavolo e che durante la Passione ha la voce di uomini e di amici.

Gesù non solo ci ha tolto il Peccato Originale, ma ci ha tolto anche il “deserto” di essere soli davanti alle tentazioni: non siamo soli davanti alla tentazioni. Con noi c’è sempre Gesù, c’è sempre il nostro Fratello Gesù il Figlio di Dio … che ci ha fatto figli di Dio come Lui.
Quindi di certo lotteremo, di certo il tentatore diventerà ancora più sottile, di certo suderemo, ma non siamo soli e basta solo (che è una fatica immane) “che lasciamo che sia lo Spirito Santo a rispondere al male” (una cosa del tipo “quando sarete davanti a tribunali non preparate la vostra difesa …”).

Grazie a tutti.

Le tentazioni di Gesù vinte con le beatitudini

Quante volte ho sentito questo Vangelo delle tentazioni di Gesù nel deserto! Quante parole ho sentito su questo fatto! Quanti inviti mi sono stati rivolti per questo mega-ritiro che dura 40 giorni e senza spostarsi minimamente da luoghi ed occupazioni quotidiani.
Eppure oggi mi suona in modo diverso, oggi mi sono accorta che all’inizio di questo Vangelo c’è una piccola “premessa”
“In quel tempo, Gesù, pieno di Spirito Santo, si allontanò dal Giordano ed era guidato dallo Spirito nel deserto, per quaranta giorni, tentato dal diavolo. Non mangiò nulla in quei giorni, ma quando furono terminati, ebbe fame”

(che è quasi identico al Vangelo di Matteo proposto dal rito ambrosiano).
Non mi sono mai accorta di questa “particolarità”:  non viene detto come e per che cosa Gesù è stato tentato per 40 giorni,  ma viene detto quali sono state le tentazioni alla fine dei 40 giorrni, dopo aver vinto ogni altra tentazione, quando Gesù “pareva” (al diavolo, ovviamente) sfiancato e debole.
E che tentazioni poi, direi che sono tentazioni di  tutti i tempi che si fanno passare per cose –  sotto un certo aspetto – legittime.

  • Mangiare è legittimo, procurarsi il cibo è umano
  • Una certa gratificazione di successo (senza troppa fatica) è – secondo noi – giusta
  • La sindrome da eroi di Dio è un po’ comune a tutti (il famoso “Io mi butto e poi faccia il Signore”

Insomma, a noi –  gente del 2010 – non paiono delle “grandi tentazioni” …

Onestamente, poi, mi fa anche un po’ ridere questo “povero diavolo” che presenta simili tentazioni al Figlio di Dio, insomma, a me verrebbe da dire “Ué, ma come stai? Bello, non ci stai più dentro! Ma vai a proporre simili cose al Figlio di Dio? E’ detto popolare che Lui ne sa una più di te!”.

Eppure sono le grandi tentazioni di sempre, è la grande tentazione di “usare” Dio, di piegarlo a ciò che abbiamo bisogno in quel momento.
Sono le grandi tentazioni che arrivano quando … ehm … ci sentiamo un po’ troppo “figli” che si rivolgono al “papi” per un problema..

Ed è un escalation in questo senso: prima sulla fame (se ci fosse Pietro in giro ne tirerebbe fuori delle belle), poi sul potere (anche qui Pietro darebbe il meglio di sé ed infine sulla sindrome da padreternismo (qui invece Pietro si metterebbe a piangere ricordando la sua sbruffonata)

Ma che fa impressione, che mi scalda il cuore e mi lascia “a bocca aperta” sono le risposte di Gesù, per nulla contrariato, quasi paziente con ‘sto diavolo che fa il furbo.

Alla prima tentazione, io risponderei sdegnata e invece Gesù va più a fondo, va all’essenziale. Invece la risposta di Gesù … tra l’altro questa risposta troverà poi il suo seguito in altra parte con “ … ma di ogni Parola che esce dalla bocca di Dio” che è poi Gesù stesso nell’Eucarestia.
Un Gesù mite anche con il male. Io (noi) siamo sempre pronti a fare crociate ed invece Lui si mette nel cuore e nella mente l’armatura della mitezza che non è un lasciar correre o far finta di niente o – peggio ancora – subire una falsità. No, Lui pone la Verità con decisione, ma non colpisce il diavolo. Incredibile!!! Gesù non giudica e condanna neppure il male e pone solo la verità.
E’ la tentazione a cui corrisponde questa beatitudine

“Beati i miti, perché erediteranno la terra”
e anche questa
“Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli”

E questa mitezza che viene dalla vera povertà di sé stessi presente nella risposta di Gesù anticipa un po’ la seconda tentazione (o da l’occasione al diavolo per la seconda tentazione).
Il potere sulla terra … ereditare la terra.

Bè, qui è inutile dilungarsi troppo. Se proprio non vogliamo “ereditare la terra” (un po’ esagerato), una certa cura d’immagine non guasta. Tra l’altro ho sempre pensato che “curare anche l’immagine” (altrimenti chiamato “fascino”) non guasta alla  Chiesa …
Bella tentazione … proprio furba!
Ma Gesù risponde con lo stesso stile di chi è davvero povero e mite. Non si dilunga, dice solo la Verità. E’ il “problemino” di Gesù che tanto ha fatto infuriare i farisei, i Sommi sacerdoti.
Ed io (noi) qui, a questo punto dovrei (dovremmo) chiederci se ho (abbiamo) lo stesso coraggio. Ooooh, certo, nessuno di noi si metterebbe ad adorare il diavolo, figurarsi! Ma … mmmmhhh … quante volte non abbiamo avuto il coraggio di dire che qualche cosa era sbagliato ad un amico (per timore di perderlo) o ad “uno che conta” (magari nella chiesa) SOLO perché ci procureremmo antipatia?
E quand’anche lo avessimo fatto, quand’anche avessimo avuto il coraggio di farlo, quale tono abbiamo usato?
Gesù usa un tono pacato, pare quasi una preghiera la Sua e si sente l’enorme potenza che ha nel cuore e pare quasi che abbia gli occhi fissi negli occhi del Padre, stia vedendo il Padre.
Anche questa risposta è occasione della 3° tentazione, anticipa la tentazione e la risposta di Gesù.

E d ecco l’ultima tentazione a cui corrisponde questa beatitudine

“Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio”

«Se tu sei Figlio di Dio, gèttati giù di qui; sta scritto infatti: “Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo affinché essi ti custodiscano”; e anche: “Essi ti porteranno sulle loro mani perché il tuo piede non inciampi in una pietra”».

E’ la stessa “tentazione” rivolta a Gesù in Croce …
Il dubbio … (e il diavolo lo sapeva benissimo chi era Gesù) insinuato; la richiesta di una prova, di un segno a conferma; la tentazione di fare gesti sconsiderati per dimostrare al “pubblico” che Dio è con noi.
E’ una sfida che “tira in causa” un po’ tutto noi stessi.
E la cosa buffa è che questa “tentazione” mirerebbe a glorificare falsamente il Padre.
C’è anche da notare che la tentazione è rivolta a Gesù come Colui che può dare ordine ai SUOI angeli … Lui, Gesù, il Figlio di Dio che viene tentato di essere di più del Padre.
E Gesù rimette a posto le cose ed i ruoli con un’altra risposta mite, ma precisa.
Ed è la 3° beatitudine della purezza di cuore che davvero rende visibile (al cuore) Dio Padre.
C’è una concatenazione nelle tentazioni e nelle Beatitudini: ognuna richiama la seguente.
E’ un duello di Fede dove Gesù è stato molto più “astuto” del diavolo e l’ha battuto sullo stesso campo …
Il diavolo, scornato, quindi si allontana, ma promette di ritornare.
E ritornerà con le stesse tentazioni, ma in un momento tragico, oltre la resistenza fisica di Gesù.
E questa ultima tentazione non avrà nessuna risposta da Gesù, se non il suo spirare ed il suo affidarsi al Padre.

Attraverso il deserto

Commento al Vangelo del 21 febbraio 2010, Ia domenica di Quaresima (anno C)

+ Dal Vangelo secondo Luca (Lc 4,1-13)
In quel tempo, Gesù, pieno di Spirito Santo, si allontanò dal Giordano ed era guidato dallo Spirito nel deserto, per quaranta giorni, tentato dal diavolo. Non mangiò nulla in quei giorni, ma quando furono terminati, ebbe fame. Allora il diavolo gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, di’ a questa pietra che diventi pane». Gesù gli rispose: «Sta scritto: “Non di solo pane vivrà l’uomo”».
Il diavolo lo condusse in alto, gli mostrò in un istante tutti i regni della terra e gli disse: «Ti darò tutto questo potere e la loro gloria, perché a me è stata data e io la do a chi voglio. Perciò, se ti prostrerai in adorazione dinanzi a me, tutto sarà tuo». Gesù gli rispose: «Sta scritto: “Il Signore, Dio tuo, adorerai: a lui solo renderai culto”».
Lo condusse a Gerusalemme, lo pose sul punto più alto del tempio e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, gèttati giù di qui; sta scritto infatti: “Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo affinché essi ti custodiscano”; e anche: “Essi ti porteranno sulle loro mani perché il tuo piede non inciampi in una pietra”». Gesù gli rispose: «È stato detto: “Non metterai alla prova il Signore Dio tuo”».
Dopo aver esaurito ogni tentazione, il diavolo si allontanò da lui fino al momento fissato.
Parola del Signore

Attraverso il deserto il popolo di Israele, guidato da Mosè, compie la sua traversata della durata di 40 anni passando dalla schiavitù alla libertà trovata nella terra promessa.
Durante questo tempo il popolo eletto conosce molte tentazioni ma, grazie alla fede di Mosè e alla fedeltà di Dio alla sua alleanza, troverà infine la meta tanto sognata.
Padre santo, non dimenticarti di me nell’ora della prova e conducimi per mano a toccare il tuo amore.

Lo Spirito è il motore che fa muovere Gesù (e tutti gli uomini) in una certa direzione.
Ricordo che Gesù ha appena ricevuto il Battesimo  da Giovanni ed è stato rivelato pubblicamente che lui è il figlio di Dio, come abbiamo letto durante l’Avvento (qui).
Lo Spirito è disceso su di lui e lo ha “ricolmato”. L’evangelista Luca poi ci ha spiegato che Gesù è discendente del grande re Davide elencando tutti i suoi predecessori, fino ad arrivare ad Adamo. E’ la prova che è lui il messia tanto atteso.
Lo Spirito spinge nel deserto Gesù per condurlo ad incontrare sè stesso, per una specie di test attitudinale, una sorta di verifica “tecnica”.
Santo Spirito, guidami nel deserto della mia anima e sostienimi nell’ora della prova.

Il deserto per me
Il deserto è uno spazio da attraversare, avendo ben presente la meta alla quale voglio arrivare, e sostenuto dalla consapovelezza di avere un sostegno al mio fianco.
Nel deserto ogni cosa diventa essenziale, non si possono portare pesi inutili; così il digiuno è un invito ad abbandonare quello che mi separa dalla mia autenticità di uomo.
Il deserto è ritrovare me stesso dentro al silenzio del mio cuore.
Il deserto è un tempo passato a portare i miei pensieri dove non sono mai stati.
Il deserto si può incontrare, è un posto che sta sul lato della strada della vita, basta fermarsi, scendere e guardarsi dentro.
Il deserto è parte di un cammino, ma deve essere traversato con fede.
Il deserto ha un inizio ed un termine, non è mai infinito.

Le tentazioni per me
Le tentazioni si presentano più forti nei momenti in cui ci si sente maggiormente vicini ad una condizione di grazia speciale.
Come al tempo di Gesù anche oggi è ancora forte la tentazione di poter soddisfare la propria fame, non solo del cibo, ma di tutte le cose lasciate prima di intraprendere la traversata del deserto.
Così come la tentazione del potere, ad ogni livello, è ben presente oggi, ed è facile farsi prendere da questa voglia di dominio sugli altri, pochi o tanti che siano.
Infine la tentazione più  terribile, quella di sentirsi Dio, quella di vedere avverarsi tutte le mie volontà.
Il prezzo da pagare è però molto alto: la rinuncia all’alleanza con Dio per schierarsi dalla parte dell’avversario.
Ma l’esempio di Gesù mi mostra che resistere alle tentazioni, anche se è difficile, mi fa uscire indenni dal deserto e mi porta sulla strada giusta e sicura tracciata da Gesù per me, per tutti gli uomini che vogliono  seguirlo.
No, non è spaventandomi delle mie debolezze che posso vincere le tentazioni, bensì sono l’abbandono e la fiducia in Dio che riescono a far superare ogni difficoltà.

Questa parola “deserto” è ben di più che una espressione geografica che ci richiama alla fantasia un pezzo di terra disabitato, assetato, arido e vuoto di presenze.
Per chi si lascia cogliere dallo Spirito che anima la Parola di Dio, “deserto” è la ricerca di Dio nel silenzio, è un “ponte sospeso” gettato dall’anima innamorata di Dio sull’abisso tenebroso del proprio spirito, sugli strani e profondi crepacci della tentazione, sui precipizi insondabili delle proprie paure che fanno ostacolo al cammino verso Dio.
Carlo Carretto, Il deserto nella città

Tentazioni e beatitudini

In quel tempo, Gesù, pieno di Spirito Santo, si allontanò dal Giordano ed era guidato dallo Spirito nel deserto, per quaranta giorni, tentato dal diavolo. Non mangiò nulla in quei giorni, ma quando furono terminati, ebbe fame. Allora il diavolo gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, di’ a questa pietra che diventi pane». Gesù gli rispose: «Sta scritto: “Non di solo pane vivrà l’uomo”».
Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli

Il diavolo lo condusse in alto, gli mostrò in un istante tutti i regni della terra e gli disse: «Ti darò tutto questo potere e la loro gloria, perché a me è stata data e io la do a chi voglio. Perciò, se ti prostrerai in adorazione dinanzi a me, tutto sarà tuo». Gesù gli rispose: «Sta scritto: “Il Signore, Dio tuo, adorerai: a lui solo renderai culto”».
Beati i miti, perché erediteranno la terra.

Lo condusse a Gerusalemme, lo pose sul punto più alto del tempio e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, gèttati giù di qui; sta scritto infatti: “Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo affinché essi ti custodiscano”; e anche: “Essi ti porteranno sulle loro mani perché il tuo piede non inciampi in una pietra”». Gesù gli rispose: «È stato detto: “Non metterai alla prova il Signore Dio tuo”».
Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio.

Beato Angelico

Lorenzo Buti, Ritratto del Beato angelico (con aureola), 1590c. , Convento S. Domenico, Fiesole

Oggi si ricorda uno straordinario frate – pittore, Giovanni da Fiesole detto Beato Angelico oppure Fra Angelico.
Egli ha lasciato, con le sue opere, una splendida testimonianza di come la fede possa essere trasmessa attraverso l’arte, e di come ci sia un “link artistico” tra terra e cielo.

Riporto alcune brevi note e rimandi a vari siti che parlano diffusamente della sua vita e delle sue opere.

I suoi Crocifissi, le sue Madonne, i suoi Santi sono una predica che risuona nei secoli.
Michelangelo ebbe a dire del Beato, ammirando l’Annunciazione e l’Incoronazione in San Domenico di Fiesole: “Io credo che questo Frate vada in Cielo a considerare quei volti beati e poi li venga a dipingere qua in terra” (da Vangelodelgiorno).

Questa soave e genialissima figura di Frate Predicatore fu un dono magnifico fatto da Dio all’Ordine. Guido o Guidolino, figlio di Pietro, nacque a Vicchio di Mugello in Toscana alla fine del XIV° secolo e fin da giovane fu pittore in Firenze. Quando sentì la vocazione, insieme al fratello Benedetto, si presentò al convento domenicano di Fiesole. Ordinato sacerdote assunse il nome di Fra Giovanni da Fiesole, ma subito dopo la sua morte fu usanza comune chiamarlo “Beato Angelico” (da Santi e beati).

Personalità semplice e limpida, fra’ Giovanni fu povero e umile; nella sua arte espresse la sua angelica devozione con grazia e naturalezza. Per questa stupenda sintesi di virtù e di arte fu chiamato con ammirazione « il Beato Angelico» e la fama della sua santità e del suo genio si è diffusa ovunque. A suo onore e per la promozione dell’arte sacra Giovanni Paolo II il 3 ottobre 1982 ha concesso il suo culto liturgico a tutto l’Ordine dei Predicatori e il 18 febbraio 1984 lo ha proclamato patrono universale degli artisti (da Amici Domenicani).

Madonna e Bambino con Angeli. 1425 c. Tempera su tavola. Museo Hermitage, San Pietroburgo, Russia.

Foto presa da Olga’s Gallery.

Cenere in testa e acqua sui piedi

(*)
Carissimi, cenere in testa e acqua sui piedi. Una strada, apparentemente, poco meno di due metri. Ma, in verità, molto più lunga e faticosa. Perché si tratta di partire dalla propria testa per arrivare ai piedi degli altri.
A percorrerla non bastano i quaranta giorni che vanno dal mercoledì delle ceneri al giovedì santo. Occorre tutta una vita, di cui il tempo quaresimale vuole essere la riduzione in scala.

Pentimento e servizio.  Sono le due grandi prediche che la Chiesa affida alla cenere e all’acqua, più che alle parole. Non c’è credente che non venga sedotto dal fascino di queste due prediche. Le altre, quelle fatte dai pulpiti, forse si dimenticano subito. Queste, invece, no: perché espresse con i simboli, che parlano un “linguaggio a lunga conservazione”.
È difficile, per esempio, sottrarsi all’urto di quella cenere. Benché leggerissima, scende sul capo con la violenza della grandine. E trasforma in un’autentica martellata quel richiamo all’unica cosa che conta: “Convertiti e credi al Vangelo”.  (…)

Quello “shampoo alla cenere”, comunque, rimane impresso per sempre: ben oltre il tempo in cui, tra i capelli soffici, ti ritrovi detriti terrosi che il mattino seguente, sparsi sul guanciale, fanno pensare per un attimo alle squame già cadute dalle croste del nostro peccato. (…)

Intraprendiamo, allora, il viaggio quaresimale, sospeso tra cenere e acqua.

La cenere ci bruci sul capo, come fosse appena uscita dal cratere di un vulcano. Per spegnerne l’ardore, mettiamoci alla ricerca dell’acqua da versare… sui piedi degli altri.
Pentimento e servizio. Binari obbligati su cui deve scivolare il cammino del nostro ritorno a casa.

Cenere e acqua. Ingredienti primordiali del bucato di un tempo. Ma, soprattutto, simboli di una conversione completa, che vuole afferrarci finalmente dalla testa ai piedi.
Un grande augurio.

(*) Riflessione di Tonino Bello
Credits: immagine presa da qui

Rimetti a noi i nostri debiti

“Rimetti a noi i nostri debiti, COME NOI li rimettiamo ai nostri debitori”

… che potrebbe essere tramutata in una preghiera atipica per le Ceneri come …

“Aiutaci a rimettere i debiti dei nostri debitori, come TU LI HAI RIMESSI A NOI”

Il peccato contro Dio è peccato contro ogni Suo figlio … anche noi stessi.

Questa Cenere che ci viene posta sulla testa viene da degli ulivi bruciati per dare Vita al FUOCO NUOVO, alla LUCE NUOVA … è il simbolo che siamo perdonati, amorevolmente perdonati.

Questa Cenere ci ricorda la LUCE quella che toglie il buio della nostra coscienza e dona luce … irradia luce come dice il versetto seguente del Vangelo che oggi ascolteremo:

“La lucerna del corpo è l’occhio; se dunque il tuo occhio è chiaro, tutto il tuo corpo sarà nella luce;  ma se il tuo occhio è malato, tutto il tuo corpo sarà tenebroso. Se dunque la luce che è in te è tenebra, quanto grande sarà la tenebra!”

Via musi lunghi e tristi, via atteggiamenti di contrizione, via tristezza, via pesantezza, alziamo il capo ed abbassiamolo solo per ricevere le Ceneri, per ricevere la Luce.

Ben venga la gratitudine, che sbocci il sorriso, accogliamo il profumo che irradia il perdono ricevuto e donato, vestiamo l’abito della festa per poi indossare dopodomani  la “tuta e le scarpe da tennis” perché ci aspetta una grande ed entusiasmante corsa per “preparare la sala del banchetto, la sala della Pasqua”

Ringraziamo per questa cenere, prendiamo coscienza che è … quello che è successo del nostro peccato e ringraziamo anche il “peccato” perché – grazie a questa Luce che lo rivela diventa mezzo che ci fa più figli, più innamorati di un Dio onnipotente nell’amore.

(lo canteremo la Notte di Pasqua nel Preconio).

Avviciniamoci all’Altare emozionati e pieni di speranza, pieni di fiducia e perfettamente umili di cuore, umili di mente e – soprattutto – lontani dalla tentazione di sentirci “troppo” peccatori per essere perdonati da Dio.

Dai, un po’ di gioia, tanto coraggio e molta preghiera affinché ci venga concessa la Luce per vedere bene dove stiamo andando, verso Chi stiamo andando e con quanti “chi” stiamo viaggiando.

Vedremo tutti i nostri errori, li peseremo per quello che pesano, ci si apriranno gli occhi e ci accorgeremo di quanto siamo amati … e finalmente sapremo che ogni torto ricevuto DEVE essere perdonato, perché noi stessi siamo stati perdonati.

Che ci sia gioia nelle nostre chiese domani, che ci sia gratitudine, che ci sia affetto sincero, che ci sia perdono umano, che ci sia determinazione a muoverci … che sia piena libertà di fare del bene, di essere nel bene nonostante il male ci tenti sempre e comunque …

In cenere è andato il nostro peccato, incenerito dall’amore di Dio.

Ci basti questo ed il coraggio di convertirci ancora un po’ arriverà di conseguenza.

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