Una Chiesa di “amanti”

Calma … calma non è un’asserzione di Chiesa alternativa, ma è solo una certezza che viene  dal Vangelo di ieri che – straordinariamente – era identico sia in rito romano che ambrosiano … E quando il Vangelo proposto è identico nei due riti, credo significa che è fondamentale, fontale, essenziale ed identificativo.

Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri.
Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri

Credo che tutti noi ci soffermiamo un troppo poco su quel “come io ho amato voi”, io – invece – regolarmente mi spavento perché amare “come” ha amato Lui non è mica una cosa facile, non è del tutto umano un amore così o – almeno – se lo fosse è veramente una cosa “da matti”.

Il verbo “amare” e non il sostantivo “amore”

Forse sarà una mia impressione, ma mi pare strano che Gesù usi il verbo (che indica un’azione) piuttosto che un sostantivo (che indica uno stato fermo, immobile … tipo quadro o mito) ed è ancora più strano il fatto che dia questo verbo come Comandamento supremo che si affianca al 1° Comandamento dato a Mosé quasi fosse un’indicazione di come “amare il prossimo tuo come te stesso” … E’ un gradino in più, ancora più alto, perché – dai – sul “come si ama sé stessi” spesso porta ad amare sé stessi più del prossimo (che – penso – abbia portato Giuda al tradimento, Pietro a rinnegare, Tommaso a dubitare e gli altri … mah … chissà cosa hanno provato) … No, Gesù pone sé stesso come modo di amare.

Se poi pensiamo in quale momento ha dato questo Comandamento (n.d.r.: gente, “comandamento” e non una semplice raccomandazione) … bé … la cosa ci riguarda da vicino.

Una Chiesa che sbaglia, perdona e chiede perdono.

Gesù ha dato questo Comandamento la sera prima di morire, sapendo tutto, conoscendo tutto. Noi, se fossimo dei “trascinatori di folle”, se fossimo “delle persone di riferimento” … avremmo detto “portate avanti il mio messaggio, continuate la mia opera, andate a dire, difendete la mia causa, ecc.” (cose che poi ha detto DOPO la Resurrezione nel senso dell’ “andate, predicate e battezzate TUTTE le genti”).

Invece Lui no, Lui dice di amare in questo modo e lo dice proprio a quelli che saranno testimoni del tradimento.

Pare quasi voglia mettere al riparo gli 11 (Giuda era già andata a fare quello che doveva fare) dal giudizio, dal rancore, dalla condanna (che parrebbe giusta e sacrosanta).

A noi ….

Davanti a questo mi domando come siamo Chiesa, in che modo intendiamo l’essere Chiesa.

Ammettiamolo, la Chiesa per noi è una specie di garanzia che le persone incontrate in questa “istituzione” (che non lo è, ma ognuno di noi la intende così) siano dei perfetti, delle persone integre, specie di superman e superwoman su cui il peccato ed i limiti non hanno ragione.

Per istinto pensiamo di “essere al sicuro dal male” tra le mura di piccoli recinti “protetti”  delle nostre parrocchie, comunità o gruppi religiosi … siamo certi che lì nulla e nessuno ci farà del male … Da qui, l’ovvio scandalo, l’ovvio sgomento e troppi allontamenti quando succede qualcosa di brutto, quando si viene feriti, quando si soffre per mano di cristiani.

Pensiamo male … e sì, pensiamo proprio male, perché la Chiesa non è ANCORA “il paradiso in terra” dove ognuno di noi può dire “Ahhhh, finalmente!!! Come si sta bene qui”, la Chiesa  è un divenire di singoli che diventano lo stesso UOMO che E’ Gesù.

… per primi

  • Non aspettiamoci amore perché è già “non amare” o amare finalizzato ad un ricevere o amare per simpatia
  • Non aspettiamo gli altri ad amare … dobbiamo iniziare noi e pure faticosamente
  • Non aspettiamoci “serti” gloriosi sulla testa … daremo parecchio fastidio
  • Non scandalizziamoci per gli errori, ma neppure scandalizziamo per supponenza e rigore
  • Non chiudiamoci tra amici sicuri … sarebbe già egoismo
  • Non abbandoniamo coloro che ci hanno ferito (follia pura tenerseli vicino … ma questo ha detto Lui)
  • Non releghiamo il nostro amare dentro la Chiesa e solo a Dio: se Gesù ha dato questo Comandamento forse significa che non si ama Dio se non si ama il prossimo come Lui ha amato.
  • E soprattutto … iniziamo per primi ad amare e poi facciamoci su una bella risata, non aspettiamoci nulla e viviamo questo Comandamento in ogni luogo … e con tutte le contraddizioni che si presenteranno.

Non è detto che ci riusciremo, anzi, saranno più le volte che “topperemo” …  ma questa è la scommessa, questa è la strada per DIVENTARE CHIESA e fuori e dentro (soprattutto “dentro”) dalle mura di una chiesa.

Mentre scrivo queste cose, mi rendo conto di essere lontana anni luce da tutto  questo … e mica scherzo e neppure mi atteggio a falsa umiltà … E’ così, molto onestamente è così … Ma è anche così che Gesù ci ha detto … Cavolo, altro che ascesi fatta di rinunce di cibo o agiatezze: qui c’è da cambiare il cuore.

Credits:
foto presa da qui

X-Dono

Commento al Vangelo del 21 marzo 2010, V domenica di Quaresima (anno C) 

+  Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 8,1-11)
In quel tempo, Gesù si avviò verso il monte degli Ulivi. Ma al mattino si recò di nuovo nel tempio e tutto il popolo andava da lui. Ed egli sedette e si mise a insegnare loro.
Allora gli scribi e i farisei gli condussero una donna sorpresa in adulterio, la posero in mezzo e gli dissero: «Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio. Ora Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici?». Dicevano questo per metterlo alla prova e per avere motivo di accusarlo.
Ma Gesù si chinò e si mise a scrivere col dito per terra. Tuttavia, poiché insistevano nell’interrogarlo, si alzò e disse loro: «Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei». E, chinatosi di nuovo, scriveva per terra. Quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani.
Lo lasciarono solo, e la donna era là in mezzo. Allora Gesù si alzò e le disse: «Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?». Ed ella rispose: «Nessuno, Signore». E Gesù disse: «Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più».
Parola del Signore

Alcuni esegeti dicono che questo brano non faceva parte, in origine, del Vangelo di Giovanni, bensì è stato scritto da Luca; infatti si può notare, leggendo i capitoli 7 e 8 di Giovanni, che il brano rimane quasi a sè stante, mentre si inserisce bene al termine del capitolo 21 di Luca. Lo stile, la tematica e la grammatica sono di Luca. Nel Vangelo di Giovanni non compare mai il monte degli olivi, e nemmeno il termine “scriba” è usato.
A parte queste piccole curiosità (sono andato a controllare, la tesi sembra reggere), si tratta certamente di un brano difficile, e per vari secoli non è stato inserito nel Nuovo Testamento, probabilmente perchè si pensava che potesse dare una certa giustificazione dell’adulterio; anche S. Agostino si lamentava del fatto che alcuni lo togliessere dai loro vangeli.

Una trappola

Gesù è riconosciuto dal popolo come un maestro, addirittura si mette ad insegnare nel tempio; i farisei e gli scribi non sopportano questo, e quindi gli tendono un tranello; lo pongono di fronte ad una scelta obbligata, visto la flagranza di adulterio e la legge.
Si tratta di una vera e propria tentazione (“metterlo alla prova”), seguendo una logica umana che pone la legge di Mosè al proprio servizio. Dalla risposta che Gesù darà non dipenderà solo la vita dell’adultera, ma si metterà in gioco la vita di Gesù stesso.
In un’altra occasione Gesù verrà tentato su una decisione umana, quando gli verrà chiesto se è lecito dare il tributo a Cesare (Lc 20, 20-26); e anche qui la sua risposta sconvolgerà i piani umani : “Date a Cesare … “.

Gesù scrive

Sul selciato di pietra del cortile del tempio Gesù si mette a scrivere, richiamando alla memoria il dito di Dio che scrive le “Dieci parole” sulle tavole che darà a Mose. Ecco il significato della legge, il dito di colui che sta scrivendo è il dito stesso di Dio, che ricorda al suo popolo che il compimento della legge è lì davanti a loro, vivo, in carne ed ossa.
E non capiscono. Insistono a chiedere.
Ma Gesù richiama alla mente di tutti la fragile condizione umana, nessuno può essere così sicuro di sè stesso da scagliare la prima pietra, dando così inizio alla lapidazione.

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Sulle tentazioni

A Nicodemo (di notte) e a Gabriella

Quando ho pensato a questa riflessione mi sono accorta che quello di oggi è una Parola di Dio che è posta all’inizio ed alla fine della vita umana di Gesù.
Stesse tentazioni, stesso modo ed in alcuni casi , stesse parole.
Su di tutte le tentazioni c’è sempre una premessa che mette i brividi sentendola con le orecchie di Gesù perfettamente uomo:
“Se tu sei il Figlio di Dio …”

Il dubbio insinuato di essersi sbagliato, di essere un uomo come qualsiasi altro, di essersi immaginato tutto ed in questa immaginazione arrivare allo scontro con il “potere religioso”.
“Se tu sei il Figlio di Dio …”

Dai, chi reggerebbe ad un simile dubbio? Chi regge alla tentazione dentro alla tentazione? E già! Perché dire “Sì, sono il Figlio di Dio” potrebbe sembrare un atto di superbia, ma dire “Non lo sono” potrebbe essere una falsa umiltà, potrebbe essere un insulto al Padre tanto amato.
Di fatti, mi ha sempre impressionato il modo in cui Gesù non risponde a questa “premessa” inquietante, non in questo momento perché lo farà in modo straordinario davanti al Sommo sacerdote e davanti al Sinedrio con quel “Tu lo dici …”

Quindi stesso Vangelo all’inizio ed alla fine, quello che cambia è il “deserto” che all’inizio è un luogo deserto, ma alla fine è un luogo affollato: il deserto della solitudine anche in mezzo alla gente.

Ma, quello che mi ha fatto tremare le mani, non sono stati deserto e tentazioni perché – purtroppo – leggiamo un po’ troppo spesso il Vangelo come storia di un Dio che si è fatto uomo e quindi completamente diverso da noi.
La tentazione non è la proposta che arriva dall’esterno o dal nostro pensiero, ma è “accarezzare” questa tentazione come (ed è la furbizia e l’intelligenza del diavolo) possibilità di fare meglio nel bene proposto, è considerare la tentazione – addirittura – come “ideona” per dare successo a Dio (ma è a sé stessi che si darebbe successo).
Gesù ha provato questo limite, esattamente come noi. Gesù ha vissuto il suo arrivare fino al bordo del precipizio, fino all’ultimo stadio della tentazione che “convince” di non esserlo. Lui ci è arrivato ed ha sentito lo strappo, ha sentito la nostra facilità a quel punto di cadere e si è opposto con l’amore al Padre, con un profondo rispetto d’amore al Padre.

E’ straordinario questo Dio che vive la scelta tra il bene ed il male, che viene posto Lui stesso davanti alla scelta dentro una condizione perfettamente umana.
Dal Peccato Orginale siamo stati  salvato e liberati, ma siamo comunque dentro la scelta di chi amare.
Perché è sempre e solo una questione di AMARE, neppure d’amore, ma proprio di amare.

E’ quello spostamento (dove trova terreno fertile il male) dall’amarsi all’amare.

E’ un Vangelo, quello di oggi, che dovrebbe essere sempre letto partendo dalla Pasqua, ricordando la Passione perché – ripeto – è lo stesso Vangelo che oggi ha la voce del diavolo e che durante la Passione ha la voce di uomini e di amici.

Gesù non solo ci ha tolto il Peccato Originale, ma ci ha tolto anche il “deserto” di essere soli davanti alle tentazioni: non siamo soli davanti alla tentazioni. Con noi c’è sempre Gesù, c’è sempre il nostro Fratello Gesù il Figlio di Dio … che ci ha fatto figli di Dio come Lui.
Quindi di certo lotteremo, di certo il tentatore diventerà ancora più sottile, di certo suderemo, ma non siamo soli e basta solo (che è una fatica immane) “che lasciamo che sia lo Spirito Santo a rispondere al male” (una cosa del tipo “quando sarete davanti a tribunali non preparate la vostra difesa …”).

Grazie a tutti.