Parti della Prudenza 2 – La docilità

Mi sono resa conto che anche riportare 2 parti per volta sulla Prudenza di San Tommaso risulta troppo lungo da leggere e da prendere in considerazione, per cui riduco ancora, nella speranza che a qualcuno interessi.

Se la docilità sia da considerarsi come parte della prudenza

Seconda parte della seconda parte
Questione 49
Articolo 3


RISPONDO:

La prudenza, come abbiamo detto, ha di mira le azioni particolari da compiere. E poiché queste sono quasi infinitamente varie, non è possibile che un uomo possa considerarle in tutti i loro aspetti e in pochi momenti, ma si richiede molto tempo.

Perciò specialmente nelle cose relative alla prudenza l’uomo ha bisogno di essere istruito da altri: e soprattutto dai vecchi, che hanno un’esatta comprensione dei fini nell’ordine dell’agire umano. Ecco perché il Filosofo afferma: “Bisogna por mente alle osservazioni ed opinioni indimostrate degli uomini esperti e vecchi e saggi non meno che alle dimostrazioni; poiché l’esperienza fa loro scorgere i principi”.

Nella Scrittura poi si legge: “Non appoggiarti sulla tua prudenza”; e ancora: “Stai nella compagnia dei vegliardi prudenti, e unisciti di cuore alla loro sapienza”. Ora, il fatto che uno è ben disposto a farsi istruire appartiene alla docilità. E quindi è giusto che la docilità sia elencata tra le parti della prudenza. [41082] IIª-IIae q. 49 a. 3 co.

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ:

1. Sebbene la docilità sia utile per qualsiasi virtù intellettuale, tuttavia serve specialmente alla prudenza, per le ragioni indicate. [41083] IIª-IIae q. 49 a. 3 ad 1

2. La docilità, come le altre cose che riguardano la prudenza, quanto all’attitudine deriva dalla natura: ma il suo completo sviluppo dipende dall’impegno personale, in quanto uno con premura, con frequenza e riverenza applica il proprio spirito agli insegnamenti dei maggiori, senza trascurarli per pigrizia, e senza disprezzarli per superbia. [41084] IIª-IIae q. 49 a. 3 ad 2

3. Con la prudenza, come abbiamo visto, non si comanda solo agli altri, ma anche a se stessi. Ed ecco perché essa si trova anche nei sudditi: la cui prudenza richiede la docilità. Sebbene gli stessi superiori in certe cose debbano esser docili: poiché in fatto di prudenza nessuno, come abbiamo visto, può in tutto bastare a se stesso. [41085] IIª-IIae q. 49 a. 3 ad 3

Spero sempre di fare cosa gradita.

PARTI DELLA PRUDENZA 1

Non so davvero se serva a qualcuno o a qualcuno interessino questi scritti di San Tommaso. Ci spero, ovviamente, perchè trovo  siano parole che trovano immediato riscontro nella vita, nella concretezza della vita umana.

Altrettanto ovviamente sono pronta a sospendere il tutto se non interessa. Io, scoprendo per caso San Tommaso, mi sono sentita un po’ accompagnata e seguita con amore.

Ora siamo alle parti della Prudenza, ma ne riporterò solo 2 per volta (la lettura di post troppo lunghi è molto difficoltosa)

II-II, 49

Seconda parte della seconda parte
Questione 49
Proemio

Le singole parti integranti della prudenza

[41061] IIª-IIae q. 49 pr.

Ed eccoci a trattare delle singole parti così dette integranti della prudenza.
Sull’argomento s’impongono otto temi distinti:
1. Memoria;
2. Intelletto, o intelligenza;
3. Docilità;
4. Solerzia;
5. Ragione;
6. Previdenza;
7. Circospezione;
8. Cautela.

Se la memoria sia tra le parti della prudenza

Seconda parte della seconda parte
Questione 49
Articolo 1

[41066] IIª-IIae q. 49 a. 1 co.
RISPONDO: La prudenza ha per oggetto le azioni da compiere, come abbiamo notato. Ora, in codesto campo l’uomo non può essere guidato da quanto è vero in senso assoluto e necessario, ma da ciò che avviene nella maggior parte dei casi: infatti è necessario che i principi siano proporzionati alle conclusioni, e le conclusioni ai principi, come scrive Aristotele. Ma ciò che è vero nella maggior parte dei casi va determinato dall’esperienza; infatti il Filosofo afferma, che “le virtù intellettuali ricevono origine e incremento dall’esperienza e dal tempo”. Ora, l’esperienza nasce da una somma di ricordi, come spiega Aristotele. Perciò per la prudenza si richiede la memoria, o il ricordo di più cose. E quindi giustamente la memoria è posta tra le parti della prudenza.

[41067] IIª-IIae q. 49 a. 1 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Stando alle cose già dette, la prudenza applica la conoscenza astratta ai casi particolari che sono oggetto del senso; ecco perché la prudenza richiede molte cose che rientrano nella parte sensitiva. E tra queste c’è la memoria.

[41068] IIª-IIae q. 49 a. 1 ad 2
2. Come la prudenza, pur avendo una base naturale, riceve il suo sviluppo dall’esercizio, o dalla grazia, così, a detta di Cicerone, la memoria non si esplica soltanto sulla base della natura, ma molto riceve dall’arte e dall’industria personale. Quattro sono gli accorgimenti con i quali l’uomo sviluppa la propria capacità mnemonica. Primo, rivestendo le cose che vuole ricordare di immagini adatte, e tuttavia non troppo ordinarie: perché le cose straordinarie destano in noi più meraviglia, e quindi l’animo vi si applica con più forza; e da ciò deriva che ricordiamo meglio quanto abbiamo visto nell’infanzia. E questa ricerca di somiglianze o di immagini è necessaria, perché le idee semplici e spirituali svaniscono più facilmente dall’anima, se non sono legate in qualche modo a delle immagini corporee: poiché la conoscenza umana è più adatta per le cose sensibili. Ecco perché la memoria si riscontra nella parte sensitiva. – Secondo, è necessario che quanto l’uomo vuole tenere a memoria lo disponga ordinatamente nel suo pensiero, in modo da passare facilmente da un ricordo ad un altro. Ecco perché il Filosofo afferma: “Le reminiscenze talora prendono lo spunto dal luogo; e questo perché facilmente si passa da un luogo a un altro”. – Terzo, è necessario che uno si applichi con sollecitudine e con affetto a quanto vuol ricordare: poiché più una cosa è impressa profondamente nell’animo, meno si cancella. Infatti Cicerone ha scritto nella Retorica, che “la sollecitudine conserva intatte le immagini delle cose rappresentate”. – Quarto, le cose che ci preme ricordare bisogna ripensarle spesso. Ecco perché il Filosofo afferma, che “i pensieri assidui salvano la memoria”: poiché, com’egli si esprime, “la consuetudine è come una seconda natura”; ed ecco perché subito ricordiamo le cose che spesso abbiamo pensato, passando dall’una all’altra quasi seguendo un ordine naturale.

[41069] IIª-IIae q. 49 a. 1 ad 3
3. Noi siamo costretti a regolarci sulle azioni future partendo dal passato. Ecco perché la memoria, o ricordo del passato è necessaria per ben deliberare sulle azioni future.

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Se l’intelletto sia tra le parti della prudenza

Seconda parte della seconda parte
Questione 49
Articolo 2

[41074] IIª-IIae q. 49 a. 2 co.
RISPONDO: L’intelletto, di cui ora parliamo, non è la potenza intellettiva, ma la giusta nozione di un termine, o principio, che si considera come per sé noto: cioè nel senso che parliamo d’intelletto a proposito dei primi principi della dimostrazione. Ora, qualsiasi deduzione razionale procede da determinate nozioni che si prendono come dati primordiali. Ecco perché qualsiasi processo razionale parte da un intelletto. E poiché la prudenza è la retta ragione delle azioni da compiere, è necessario che tutto il processo della prudenza derivi da un intelletto (o intuizione). Ed ecco perché l’intelletto è ricordato tra le parti della prudenza.

[41075] IIª-IIae q. 49 a. 2 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. La prudenza termina, come in una conclusione, in un’azione particolare da compiere, alla quale applica, come abbiamo detto, una mozione universale. Ora, una conclusione particolare si deduce da due proposizioni, una universale, l’altra particolare. Perciò la prudenza deve derivare da due intuizioni, o intelletti: di cui la prima ha per oggetto gli universali. E ciò appartiene all’intelletto che è una delle virtù intellettuali: poiché per natura ci sono noti, come abbiamo visto, non solo i primi principi universali di ordine speculativo, ma anche quelli pratici, p. es., che “non si deve fare del male a nessuno”. – C’è poi una seconda intuizione, o intelletto, la quale, a detta di Aristotele, ha per oggetto un “termine”, cioè un primo dato singolare e contingente da compiere, vale a dire la minore del sillogismo, che nel processo razionale della prudenza deve essere singolare, come abbiamo detto. Questo primo dato concreto o singolare è un fine particolare, come nota lo stesso Aristotele. Perciò l’intelletto che troviamo tra le parti della prudenza è il giusto apprezzamento di un fine particolare.

[41076] IIª-IIae q. 49 a. 2 ad 2
2. L’intelletto che troviamo tra i doni dello Spirito Santo è, come abbiamo detto, un’acuta percezione delle cose divine. Ben diverso è l’intelletto che abbiamo descritto come parte della prudenza.

[41077] IIª-IIae q. 49 a. 2 ad 3
3. L’intuizione giusta di un fine particolare viene denominata intelletto in quanto ha per oggetto un principio; e senso in quanto ha per oggetto un singolare. A questo accenna il Filosofo nell’Etica, quando scrive: “Dei singolari bisogna avere un senso; e questo è l’intelletto”. Parole queste che non si riferiscono ai sensi particolari con i quali conosciamo i sensibili propri; ma al senso interno col quale giudichiamo i singolari.

La Prudenza

Inizio a proporre alcuni scritti di San Tommaso d’Aquino che ho trovato molto illuminanti. Per rendere la lettura un po’ più agevole riporto solo le risposte che San Tommaso pone a diverse questioni. Il testo integrale lo si può trovare qui:

http://www.carimo.it/somma-teologica/somma.htm

Oggi propongo la prima parte sulla Prudenza (II parte, II-II, questione 48). Spero di fare cosa gradita.

[41055] IIª-IIae q. 48 co.
RISPONDO:

Le parti possono essere di tre generi:

integranti, come pareti, tetto e fondamenta sono parti di una casa;

soggettive, come bue e leone sono parti del genere animale;

potenziali, come le facoltà della nutrizione e della sensazione sono parti dell’anima.

Perciò in tre maniere si possono determinare le parti di una virtù.Primo, per analogia con le parti integranti: e allora sono parti della virtù quelle funzioni che sono indispensabili all’atto perfetto di essa. E in tale senso tra tutte le cose enumerate si possono determinare otto parti della prudenza e sono:le sei enumerate da Macrobio (ragione, intelletto, circospezione, previdenza, docilità e cautela), cui bisogna aggiungere la memoria ricordata da Cicerone, e l’eustochia o sagacia di cui parla Aristotele (infatti il senso della prudenza s’identifica con l’intelletto, secondo l’esplicita ammissione del Filosofo: “Di questi dunque ci deve essere un senso, e questo è l’intelletto”).

Di queste otto parti cinque appartengono alla prudenza in quanto è una virtù conoscitiva, e cioè: memoria, ragione, intelletto, docilità e sagacia;le altre appartengono alla prudenza in quanto comanda, applicando la conoscenza all’operazione, e cioè: previdenza, circospezione e cautela. –

Il motivo della loro distinzione risulta evidente dal fatto che nella conoscenza si devono considerare tre cose.

Primo, la conoscenza stessa: la quale se riguarda il passato è memoria, e se riguarda il presente, necessario o contingente che sia, si denomina intelletto o intelligenza. –

Secondo, l’acquisto della conoscenza: acquisto che può farsi, o mediante l’insegnamento, e allora abbiamo la docilità; oppure con la ricerca personale, ed ecco l’eustochia, che è il ben congetturare. Fa parte di questa la solerzia, come nota Aristotele, la quale a suo dire è “la pronta congettura del medio (dimostrativo)”. –

Terzo, si deve considerare l’uso della conoscenza: cioè il passaggio che uno fa dalle cose che conosce alla conoscenza e al giudizio di altre cose. E questo appartiene alla ragione. –

Perché poi la ragione possa ben comandare, deve badare a tre cose.

  • Primo, a ordinare ciò che è proporzionato al fine: e allora abbiamo la previdenza.
  • Secondo, a osservare le circostanze dell’impresa: e allora abbiamo la circospezione.
  • Terzo, a evitare gli ostacoli: ed ecco la cautela.

Parti soggettive di una virtù sono le sue varie specie. E in tal guisa sono parti della prudenza in senso proprio: la prudenza con la quale uno governa se stesso, e la prudenza con la quale uno governa una collettività, le quali, come abbiamo detto, differiscono specificamente. A sua volta la prudenza fatta per il governo della collettività si suddivide in varie specie secondo i diversi tipi di collettività. Infatti c’è una collettività riunita per un’impresa speciale, come l’esercito, p. es., radunato per combattere: il buon governo di esso costituisce la prudenza militare. Invece altre collettività sono unite per la vita nel suo insieme: la collettività di una casa, o di una famiglia, p. es., il cui governo richiede la prudenza economica, o domestica; e la collettività di una città o di un regno, il cui principio direttivo nel re si chiama prudenza di governo, e nei sudditi prudenza politica, o politica in senso assoluto. –

Se invece si prende il termine prudenza in senso lato, in quanto include anche la conoscenza speculativa, come sopra abbiamo notato, allora tra le sue parti troviamo anche la dialettica, la retorica e la fisica, in base ai tre metodi in uso nelle scienze:

  • I l primo dei quali consiste nel procurare la scienza con la dimostrazione: e questo appartiene alla fisica, intendendo per fisica tutte le scienze dimostrative.
  • Il secondo metodo è quello di produrre delle opinioni con argomenti probabili: e abbiamo allora la dialettica.
  • Il terzo metodo consiste nell’insinuare un sospetto, o nel creare una persuasione da semplici congetture: e questo appartiene alla retorica. –

Tuttavia si potrebbe anche affermare che queste tre cose appartengono anche alla prudenza propriamente detta, la quale talora argomenta su principi necessari, talora su cose probabili, e talora su semplici congetture.

Finalmente si dicono parti potenziali di una virtù quelle virtù supplementari che sono ordinate a materie e ad atti secondari, che non hanno tutta la forza della virtù principale.

Sotto questo aspetto sono parti della prudenza l’eubulia (virtù di dare buoni consigli), che riguarda la deliberazione; la synesis (virtù che permette di giudicare rettamente), che riguarda il giudizio di quanto avviene ordinariamente; e la gnome (virtù che si occupa dei prinicpi più alti), la quale riguarda il giudizio su cose che esigono un’eccezione alla legge ordinaria. Invece la prudenza ha di mira l’atto principale, che è il comandare.