A Ester

Ciao, Ester!

Per te sono queste parole che sono una preghiera.

Che tu sia una creatura bianca, una persona che riflette ogni colore e lo dona al prossimo colorando la loro vita.

Hai 7 colori che puoi donare su cui costruire un arcobaleno che faccia da ponte tra terra e cielo.

Che tu sia una persona musicale, che tu sia un’armonia e la tua vita, da subito, sia un suonare quel canto che sei per il Signore.

Che tu possa essere musica per papà, mamma ed i tuoi fratelli, ma anche per ogni persona che incontrerai … siamo fatti di musica, siamo musica di Dio. Hai sette note su cui potrai cantare e suonare: sono i doni dello Spirito Santo.

Che tu possa essere un cuore tenero e forte allo stesso tempo, per portare con noncuranza e con spontaneità tutte le 7 opere di misericordia.

Che tu sia diamante di virtù quali sono quelle che il nostro Dio ha infuso nella tua umanità. Le virtù “cardine” che orienteranno la tua vita e quelle con cui orienterai la vita di chi ti incontrerà

Che tu sia donna di parola, delle 7 parole della Croce che trasudano un amore infinito che non indietreggia davanti a nulla.

Che tu sia benedetta 70 volte 7 … perché ognuno benedica 70 volte 7 Dio Padre dopo aver conosciuto te, il tuo pensiero ed il tuo cuore.

Ma tutto questo sarai senza sapere di esserlo ed il tuo abito migliore sarà il sorriso, la semplicità; il tuo maquillage migliore sarà la luce che esce dai tuoi occhi.

Avevamo bisogno di te quaggiù, come abbiamo bisogno di ogni bimbo che nasce e che porta sempre nuova vita.

Un piccolo bacio piccola Ester … un piccolo bacio sui tuoi piedini che tanto cammineranno e sulle tue manine che tanto faranno; sul tuo cuore che tanto amerà e sulla tua mente che tanto unirà.

Ciao, piccola Ester … ma adesso un abbraccio ai tuoi fratellini  che ti hanno amata prima di vederti, un abbraccio a papà e a mamma grazie al quale tu sei nata e che ti hanno amata quando ancora eri solo un pensiero.

Pentecoste, un dono per tutti

A me personalmente, ma inizio a pensare di essere totalmente soggiogata dal male, si accavallano pensieri di/su/per il Signore che si esprimono con pensieri di/su/per persone reali.
Pensieri apparentemente scoordinati e che non trovano una organizzazione in un discorso, pensieri che cercano un corpo che è la parola e pensieri che – nello stesso momento in cui si tenta di “dargli un corpo” – pare svaniscano per far posto ad altri.

Potrei dire che – secondo la mia volontà di organizzare un discorso – mi sento in una Babele intellettiva, ma è davvero così? Non potrebbe essere che non ci devo mettere la mia capacità di organizzare un discorso? Non potrebbe essere che è proprio questa arrogante e supponente volontà di organizzare il pensiero sia sbagliata, sia quell’impedimento allo Spirito Santo?
Da sempre si sa che lo Spirito Santo che si incarna nelle parole è l’anti-Babele per eccezione, ma cosa succede quando è davvero lo Spirito Santo divampa attraverso noi e nonostante noi?
E’ strana anche l’immagine dell’effusione dello Spirito Santo, così prorompente, così rumorosa, così visibile con gli elementi naturale che spesso in noi portano spavento e timore:
vento impetuoso, tuono, fuoco
che, tra l’altro, irrompe nelle casa, oltrepassa barriere che sono le nostre protezioni quando ci sentiamo impauriti.

Continua a leggere “Pentecoste, un dono per tutti”

Ti aspetto Spirito Santo – Preghiera

Sono sempre in Tua attesa Spirito Santo e mai vorrei rinunciare a questa attesa.
Non posso vivere davvero senza di Te, non sarei davvero viva.
Grazie a Te sono generata dopo essere stata creata dal Padre
Persino il peccato è il Tuo campo migliore dove giocare e dove io mi sento sempre perdente, vaneggiando sulla mia “forza di volontà” che nessun essere umano può davvero avere senza di Te.
Il male ci sovrasta e ci supera, tanto è vero che cedere al male è umiliazione, vincere (momentaneamente) il male è esaltazione di sé, ma Tu e solo Tu ci rendi immuni dal male, Tu ci consenti di non cedere, Tu ci convinci della nostra povertà che fa nascere il desiderio di stare in Te e Tu in me.
Persino i sentimenti di umiliazione ed esaltazione umana nel cedere o vincere il peccato, sono già peccato di superbia perchè ci sentiamo autori di una forza che non è nostra, non può essere nostra.
Allargare le braccia sulla croce del peccato è forse l’unico modo per accoglierTi davvero sentendoci privi di tanto, ma con nel cuore la certezza (che non hanno le altre creature) che Tu davvero sei il generatore, la forza che genera e solo grazie a Te possiamo nascere da figli e non solo da creature.

Non Ti chiedo di possederti, sarei già in errore, ma mi offro a Te e gioca in me con le tue opere, le tue manifestazioni; domami nella tua Luce e nel tuo modo di amare che completa il modo di amare naturale che vive in noi come vive in tutte le creature.

Per creazione ci è stato donato qualcosa in più degli animali e della natura (molte cose in più), ma dopo questo ci dobbiamo rinascere in questi doni, dobbiamo dare corpo, il nostro corpo, a questi doni.

Ti aspetto e sto qui, dentro i miei peccati (che spesso neppure riconosco); ti aspetto e sto qui, al mio posto; ti aspetto e aspetto la Tua presenza che diventa ESSENZA DI ME STESSA in modo tale da capire e capirmi, vedere il male sia in me che intorno a me, additarlo e diventare io stessa, inconsapevolmente, la Tua spada che allontana e smaschera il male che troppo spesso confonde ed  illude.

Tu non confondi e illudi, Tu dai chiarezza (a volte pure troppa, se è necessaria), Tu non disdegni neppure di prevaricare, quando il prevaricato lo chiede e lo invoca avendo ben in testa che non è capace di fare nulla, avendo bene in testa di essere una potenza impotente senza di Te.
Giocarsi nella vita con Te ed in Te questo è un desiderio per avere il coraggio di lasciarsi attaccare dal male per urlare un potente “proteggimi, senza di te non posso fare nulla, lo so … perchè tu vinci ogni guerra, io al massimo posso vincere qualche battaglia e pure male”

Ti aspetto, Spirito Santo, non tardare troppo, sono troppo debole soprattutto quando mi sento forte.

Il martirio dei monaci di Tibhirine

In occasione del 24 marzo scorso (2010), giornata nella quale si ricordano i missionari martiri, ho parlato del martirio dei 7 monaci a Tibhirine.

Al festival di Cannes (2010) è stato presentato un film che racconta la vita di Christian de Chergè e dei suoi confratelli, focalizzando l’attenzione soprattutto sulla vita quotidiana.
Si tratta di Des Hommes et des Dieux del regista Xavier Beauvois, interpreti principali Lambert Wilson e Michael Lonsdale, ed i mezzi di informazione ne hanno raccontato il successo in varie occasioni.
Il film è in francese ed attendo l’uscita della versione italiana; è certamente una buona occasione per conoscere la vita dei monaci, così come era stato fatto anche con il bel film Il Grande Silenzio.

Di recente si è ritornato a parlare dei fatti che, nell’aprile-maggio del 1996, portarono all’uccisione dei 7 monaci trappisti ed al ritrovamento dei loro resti. E’ una vicenda non ancora chiarita completamente, ma sulla quale un giorno si saprà tutta la verità.
Ho trovato sul settimanale Vita del 14 maggio 2010 un articolo di Lucio Brunelli che, nella sua rubrica “Pani e pesci” sintetizza il tutto in modo chiaro e conciso. Riporto il testo.

Massacro dei monaci algerini: ecco il colpo di scena.
Martiri del fanatismo islamico o vittime di una strage di Stato ? Al Festival del cinema di Cannes- dal 12 al 13 maggio, un film in concorso proverà a raccontare la vera storia dei sette monaci trucidati in algeria nel 1996. C’è grande attesa per la pellicola del regista Xavier Beauvois, Des hommes et de Dieu, perchè 14 anni dopo una verità inquietante si sta facendo strada sul massacro nel monastero cistercense di Tibhirine.
La versione ufficiale parla di un sequestro operato dal GIA (Gruppo islamico armato) e concluso con la decapitazione degli ostaggi. uno dei tanti eccidi compiuti dalla guerra integralista, dunque, nel mezzo della guerra civile algerina. I religiosi francesi furono presentati e venerati come nuovi martiri dell’islam Ma i dubbi iniziarono presto a circolare. Solo le insistenze del procuratore generale dell’ordine cistercense Armand Veilleux permisero di scoprire che dentro le bare c’erano solo le loro teste. Poi l’anno scorso la rivelazione-bomba.
Un generale francese in pensione, Francois Buchwalter, addetto militare in Algeria all’epoca dei fatti, raccontò ai giudici un’altra verità. I monaci erano stati falciati dai colpi di mitragliatore sparati da un elicottero dell’esercito algerino. Dall’alto erano stati scambiati per jihadisti. Resisi conto dell’errore, i militari allestirono una macabra messa in scena. Decapitarono i religiosi e fecero sparire i loro corpi, crivellati di proiettili in dotazione all’esercito. Quindi attribuirono la responsabilità del massacro al GIA. Nella sua sofferta deposizione il generale Buchwalter confessava di disubbidire all’ordine del silenzio che i suoi superiori gli avevano imposto.
Lucio Brunelli.

Riporto di seguito alcuni link che possono essere utili.
Gli articoli presenti su questo blog
Il post da cui sono partito
Il testamento di padre Cristian de Chergè

Aggiornamento di settembre 2010:
Un articolo, apparso sul quotidiano La Stampa nel luglio 2008, che spiega in modo dettagliato come sono avvenuti i fatti del sequestro e dell’uccisione dei monaci.

Inno all’ignoranza

Il titolo è un pò forte, ma vorrei solo condividere l’impressione (auspicabile) di sentirsi degli ignoranti davanti alla Parola di Dio, davanti al Signore Gesù.

Qualsiasi sia la nostra formazione ed informazione, qualsiasi sia la nostra cultura in fatto di teologia e non solo, è piccola ed insignificante davanti al Signore: sono piccole parole di figli che balbettano per conoscere nella vita e sulla propria pelle il Signore.

E’ un atteggiamento di chi, con amore, “dice a Papà” cosa ha scoperto e dona queste scoperte a tutti, ma – ahimé – ci sono anche i fratelli maggiori, quelli che “sanno tutto” e impongono di tacere.

Come  vorrei che tutti assomigliassimo al nostro Papa, così formato, così pieno di “sapere”, ma con gli occhi di un bambino che sa perfettamente di essere un ignorante davanti a Dio.

Come vorrei che il nostro Papa sentisse personalmente il “grazie” di ogni persona e che personalmente il sorriso carico di affetto che dei perfetti sconosciuti hanno nel cuore per lui.

L’ignoranza, questa sensazione di ignoranza, credo sia la strada per lo Spirito Santo, credo sia il nostro personalissimo Cenacolo, il luogo dove ogni dono ci viene donato come seconda pelle ed altro cuore, anzi “un cuore nel cuore”.

Persino Gesù su determinate cose ammette di “non sapere” .

Da questa sensazione di ignoranza nasce quello straordinario dono del “non giudicare, non disprezzare, non allontanare e non dividere”, nasce l’ascolto a tutto perché convinti che in tutti c’è una Parola di Dio che si scrive giorno dopo giorno rivelando Dio in modo semplice e quasi infantile.

Da questo straordinario dono (che tanto dono non pare visto che detestiamo l’ignoranza) nasce e fiorisce la preghiera appassionata come quella, lunghissima e commovente, riportata da Giovanni nel cap. 17.

Dicono che  i cattolici brillano di ignoranza riguardo Dio ed alla Sua Parola e – addirittura – si vantano di questa ignoranza quasi fosse una garanzia di Fede autentica, quasi fosse una testimonianza dello Spirito Santo … bene, fino  a ieri, mi irritavo su questa accusa così poco gentile, ma ora, oggi, dico:

“Sì, sono ignorante e reputo questo un dono perché non precludo nulla, non escudo nessuno ed accolgo tutto e tutti. Sì, sono ignorante anche riguardo il bene perché – pensando troppo – potrei confondere il male per il bene. Sì, sono ignorante ed è per questo che mi accoccolo tra le braccia del Signore con un semplicissimo: non capisco, aiutami, ma lasciamo qui nel Tuo cuore perché è qui che trovo Te e trovo tutti”.

Non so se questa è una preghiera, di certo nasce spontaneamente dal cuore.

Credits:
foto presa da qui.

Ma voi restate in città

Ma voi restate in città, finché non siate rivestiti di potenza dall’alto

Anch’io, sino ad oggi, ho fatto come gli apostoli e sono rimasta a fissare questo Signore che ascendeva al Padre. Stupita, meravigliata pensavo agli apostoli … e mi sono persa la raccomandazione di Gesù.

D’altra parte è anche vero che – sino ad ora – non ho sentito una sola omelia che spiegasse questa frase, questa indicazione che – visto da Chi viene – credo propria abbia un qualcosa di importante.

Eppure, così com’è, davanti alla meraviglia dell’Ascensione ed al “mandato” di Gesù agli apostoli, pare un di più, un qualcosa che NON è essenziale, un’indicazione strana insomma.

Azzardo, quindi, delle ipotesi che – per ovvie ragioni – non hanno alcun valore e sono solo mie impressioni.

La città in questione è Gerusalemme … e questo bene o male lo sappiamo tutti, ma …

  1. Perché rimanere “IN” città e non – ad esempio – nel cenacolo che si trovava sul monte Sion?
  2. Perché proprio “IN CITTA’”?
  3. Perché proprio Gerusalemme?  che – guarda caso – è stato il luogo da cui i discepoli di Emmaus si stavano allontanando ed a cui sono ritornati
  4. Perché questa raccomandazione di dove stare in attesa di “essere rivestiti dall’alto” che ci aspetteremmo invece venga indicato uno stare in raccoglimento, in preghiera?
  5. Che strana analogia, poi, con il Tabor o la pericope della Trasfigurazione in cui Gesù “spinge” gli apostoli a “ritornare” tra la gente

Se poi pensiamo cosa è successo a Gerusalemme (e cosa ancora succede) si rimane un pochino esterrefatti.
Gerusalemme è la città della divisione, la città che è stata il rifiuto di Gesù, la città che Gesù stesso ha “sgridato”.

Che cos’è per noi Gerusalemme?

Che cos’è perché ancora a noi, oggi, il Signore ripete di “restare IN CITTA’”?

Lascio queste domande come le lascio in me in attesa di capire un po’ di più nel caso ci  fosse da capire  … le lascio in sospeso come se fosse una preghiera.

Quale pace ? (seconda parte)

Come pre-Messa, d’istinto, avevo agganciato le parole di Gesù riguardo alla pace all’altra parola di Gesù che riguardava, invece, una spada (luminosa) che divide.

Poi, ieri, quando ho risentito tutte le letture (l’ascolto ha sempre un qualcosa in più della propria lettura) ho avuto l’impressione che la Seconda Lettura – la lettura della Luce – venisse dopo il Vangelo.

Voglio dire, dopo il Vangelo, immediatamente, mi è capitato di risentire nella mente la descrizione della Nuova Gerusalemme, la descrizione della nuova umanità e la sua casa.

L’impressione divertente era che la frase di Gesù avesse le mani: con una teneva le parole della spada e con l’altra teneva la parola della Luce come nostra abitazione (che inizia da oggi).

La Luce, come qualcuno ha detto, è la prima di tutte le creature, la prima ad essere creata perché senza di essa la vita non sarebbe possibile (sia in senso fisico che in senso spirituale), ma anche le tenebre/caos non è stato banalmente eliminato, ma è stato ordinato nella Luce e – difatti – sono state poste nella notte la luna e le stelle.

Credo che tutti, ascoltando questa lettura dell’Apocalisse, abbiano sospirato, abbiano desiderato quella Luce e quella città, molti l’avranno presa – magari – come una favola e l’avranno accolta scuotendo la testa, altrettanti – molto semplicemente – non ci avranno fatto caso.

Eppure noi tutti siamo affamati di luce – di qualsiasi luci si tratti – e lo siamo particolarmente di quelle che ci sono nella notte che tanto ci affascinano ed attirano.

Nella luce noi siamo immersi forse inconsapevolmente, forse distrattamente ed andiamo – comunque – a cercarne di più; ci innervosiamo quando non la troviamo e si sentiamo inquieti, ansiosi un pochino impauriti.

Perché ne siamo così affamati e attirati da questa luce che esiste nonostante la nostra distrazione e che cerchiamo sempre in misura maggiore, specialmente quella “dell’intelletto”, quella che ci farebbe risolvere tanti problemi come se fosse “un colpo di  bacchetta magica”?

Perché?

Da questa domanda, che mi sono rivolta, mi sono ricordata che – come tutti credo – mi sono posata sulla “pace che Gesù lasciava” (inquietandomi un pochino perché – direi – che di pace c’è proprio pochina in giro) e invece … e invece era su un’altra parte che dovevo posare gli occhi, dovevo posarli su queste parole:

“Ma il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto”

E queste parole non credo valgano solo per gli apostoli che hanno “visto e sentito” da uomini, credo che queste parole siano per tutti noi.

Ma come potremmo ricordare ciò che abbiamo sentito se non c’eravamo, se non abbiamo sentito ciò che Gesù ha detto con le nostre orecchie?

Già, come potremmo? E invece si può – ed è questo il grande miracolo – si può perché – se è vero come è vero – che la Parola di Gesù è la Parola del Padre, allora noi, creature create dalla Parola del Padre l’abbiamo già sentita, l’abbiamo scritta in noi, in ogni cellula, ma ce ne siamo scordati.

Scoprire in sé stessi questa certezza provoca, inevitabilmente, da una parte una fiducia profonda, da un’altra la tentazione di “ributtare” tutto nel “dopo”, ma di certo e nella parte che ci compete arriva, “quello” che fa di tutto per smemorarci.

Ma la Parola scritta in noi c’è ed esiste, saremo anche smemorati momentaneamente, ma prima o poi ogni Parola/indicazione di Gesù (del Padre) verrà alla luce … perché, da smemorati e quindi momentaneamente ciechi, sentiamo impellente questo richiamo alla Luce, avvertiamo in noi questi continui rimandi ad altre parole di Gesù ogni volta che ascoltiamo il Vangelo, chiedendoci, come mai succede … perché quando capita questa cosa (e a sentire tanti capita spessissimo) ci si chiede come mai succede, come facciamo a ricordare brani di Vangelo visto che non l’abbiamo tra le mani tutto il giorno e tutti i giorni … Succede perché l’abbiamo ben fissato nel nostro pensiero – credo – è – se vogliamo – la nostra Nuova Gerusalemme, l’inizio della Nuova Gerusalemme che inizia in noi perché è quella che siamo chiamati a costruire “per, con, in” Cristo, perché ogni uomo è – potenzialmente – abitante di quella Città … o almeno  credo.

E’ un movimento delicato ed intimo questa “fame di Luce e Luce del ricordo” che – pare – debba rimanere solo come “pensiero” privato … e invece no, invece, si realizza nel pratico e – ci scommetto – che proprio ieri molta gente avrà litigato più del solito, sarà stata tentata più del solito, si sarà inquietata più del solito ed avrà sbagliato più del solito, ma ……….. anche più del solito si sarà accorta di sbagliare.

Buona settimana a tutti …

Quale pace ?

Domani avremo il

“Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi”

Che va a braccetto con il:

“Non crediate che io sia venuto a portare la pace sulla terra.
Non sono venuto a portare la pace, ma la spada.
Perchè sono venuto a dividere il figlio dal padre, la figlia dalla madre, la nuora dalla suocera;
e i nemici dell’uomo saranno i suoi famigliari.” Matteo 10, 34-38

Quindi, prima di entrare nella Messa, chiediamoci quale tipo di pace cerchiamo … in noi e non fuori di noi.

  • Quale pace desideriamo?
  • Quale pace pensiamo che sia?
  • Che cosa ci aspettiamo da questa “pace”?
  • E soprattutto, ci consideriamo autori della pace, o pensiamo sia un dono?

Perché da queste parole di Gesù, e Gesù non mente e non inganna, è dono … forse il 1° dono del Suo Spirito …
Ma è una pace che è quasi all’opposto di quella che noi pensiamo e che pensiamo di trovare fuori di noi, prenderla, possederla, imporla magari.
Credo e temo sia un’altra pace, una specie di corazza che fa passare attraverso ogni genere di difficoltà e felicità immune da tutto.

Una Chiesa di “amanti”

Calma … calma non è un’asserzione di Chiesa alternativa, ma è solo una certezza che viene  dal Vangelo di ieri che – straordinariamente – era identico sia in rito romano che ambrosiano … E quando il Vangelo proposto è identico nei due riti, credo significa che è fondamentale, fontale, essenziale ed identificativo.

Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri.
Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri

Credo che tutti noi ci soffermiamo un troppo poco su quel “come io ho amato voi”, io – invece – regolarmente mi spavento perché amare “come” ha amato Lui non è mica una cosa facile, non è del tutto umano un amore così o – almeno – se lo fosse è veramente una cosa “da matti”.

Il verbo “amare” e non il sostantivo “amore”

Forse sarà una mia impressione, ma mi pare strano che Gesù usi il verbo (che indica un’azione) piuttosto che un sostantivo (che indica uno stato fermo, immobile … tipo quadro o mito) ed è ancora più strano il fatto che dia questo verbo come Comandamento supremo che si affianca al 1° Comandamento dato a Mosé quasi fosse un’indicazione di come “amare il prossimo tuo come te stesso” … E’ un gradino in più, ancora più alto, perché – dai – sul “come si ama sé stessi” spesso porta ad amare sé stessi più del prossimo (che – penso – abbia portato Giuda al tradimento, Pietro a rinnegare, Tommaso a dubitare e gli altri … mah … chissà cosa hanno provato) … No, Gesù pone sé stesso come modo di amare.

Se poi pensiamo in quale momento ha dato questo Comandamento (n.d.r.: gente, “comandamento” e non una semplice raccomandazione) … bé … la cosa ci riguarda da vicino.

Una Chiesa che sbaglia, perdona e chiede perdono.

Gesù ha dato questo Comandamento la sera prima di morire, sapendo tutto, conoscendo tutto. Noi, se fossimo dei “trascinatori di folle”, se fossimo “delle persone di riferimento” … avremmo detto “portate avanti il mio messaggio, continuate la mia opera, andate a dire, difendete la mia causa, ecc.” (cose che poi ha detto DOPO la Resurrezione nel senso dell’ “andate, predicate e battezzate TUTTE le genti”).

Invece Lui no, Lui dice di amare in questo modo e lo dice proprio a quelli che saranno testimoni del tradimento.

Pare quasi voglia mettere al riparo gli 11 (Giuda era già andata a fare quello che doveva fare) dal giudizio, dal rancore, dalla condanna (che parrebbe giusta e sacrosanta).

A noi ….

Davanti a questo mi domando come siamo Chiesa, in che modo intendiamo l’essere Chiesa.

Ammettiamolo, la Chiesa per noi è una specie di garanzia che le persone incontrate in questa “istituzione” (che non lo è, ma ognuno di noi la intende così) siano dei perfetti, delle persone integre, specie di superman e superwoman su cui il peccato ed i limiti non hanno ragione.

Per istinto pensiamo di “essere al sicuro dal male” tra le mura di piccoli recinti “protetti”  delle nostre parrocchie, comunità o gruppi religiosi … siamo certi che lì nulla e nessuno ci farà del male … Da qui, l’ovvio scandalo, l’ovvio sgomento e troppi allontamenti quando succede qualcosa di brutto, quando si viene feriti, quando si soffre per mano di cristiani.

Pensiamo male … e sì, pensiamo proprio male, perché la Chiesa non è ANCORA “il paradiso in terra” dove ognuno di noi può dire “Ahhhh, finalmente!!! Come si sta bene qui”, la Chiesa  è un divenire di singoli che diventano lo stesso UOMO che E’ Gesù.

… per primi

  • Non aspettiamoci amore perché è già “non amare” o amare finalizzato ad un ricevere o amare per simpatia
  • Non aspettiamo gli altri ad amare … dobbiamo iniziare noi e pure faticosamente
  • Non aspettiamoci “serti” gloriosi sulla testa … daremo parecchio fastidio
  • Non scandalizziamoci per gli errori, ma neppure scandalizziamo per supponenza e rigore
  • Non chiudiamoci tra amici sicuri … sarebbe già egoismo
  • Non abbandoniamo coloro che ci hanno ferito (follia pura tenerseli vicino … ma questo ha detto Lui)
  • Non releghiamo il nostro amare dentro la Chiesa e solo a Dio: se Gesù ha dato questo Comandamento forse significa che non si ama Dio se non si ama il prossimo come Lui ha amato.
  • E soprattutto … iniziamo per primi ad amare e poi facciamoci su una bella risata, non aspettiamoci nulla e viviamo questo Comandamento in ogni luogo … e con tutte le contraddizioni che si presenteranno.

Non è detto che ci riusciremo, anzi, saranno più le volte che “topperemo” …  ma questa è la scommessa, questa è la strada per DIVENTARE CHIESA e fuori e dentro (soprattutto “dentro”) dalle mura di una chiesa.

Mentre scrivo queste cose, mi rendo conto di essere lontana anni luce da tutto  questo … e mica scherzo e neppure mi atteggio a falsa umiltà … E’ così, molto onestamente è così … Ma è anche così che Gesù ci ha detto … Cavolo, altro che ascesi fatta di rinunce di cibo o agiatezze: qui c’è da cambiare il cuore.

Credits:
foto presa da qui