L’ombra di Pietro

Dagli Atti degli Apostoli (At 5,12-16)
Molti segni e prodigi avvenivano fra il popolo per opera degli apostoli. Tutti erano soliti stare insieme nel portico di Salomone; nessuno degli altri osava associarsi a loro, ma il popolo li esaltava.
Sempre più, però, venivano aggiunti credenti al Signore, una moltitudine di uomini e di donne, tanto che portavano gli ammalati persino nelle piazze, ponendoli su lettucci e barelle, perché, quando Pietro passava, almeno la sua ombra coprisse qualcuno di loro.
Anche la folla delle città vicine a Gerusalemme accorreva, portando malati e persone tormentate da spiriti impuri, e tutti venivano guariti.

Ieri ho sentito due omelie molto efficaci: una su Pietro (1° lettura) e l’altra su Tommaso.

Su Pietro tutto si concentrava sulla sua ombra che – come è scritto – operava guarigioni; su Tommaso – invece – si concentrava sul credere, sulla tradizione cristiana che basa tutto su dei testimoni, sulla necessità di avere una prova fisica e tangibile di Dio e – aggiungo di mio – sulla carità ed il grande amore di Dio che arriva a capire la difficoltà che noi abbiamo (ma che l’uomo di tutti i tempi ha) di credere in qualcosa/Qualcuno che non si vede con gli occhi fisici.

L’OMBRA DI PIETRO

Non ci avevo mai pensato a questa “ombra” e – soprattutto – non avevo mai pensato che l’ombra esiste se c’è la Luce. Senza luce l’ombra non esiste, non può esistere.

Quindi – deduco io –  la testimonianza, l’ “andare a dire” è una parola che trova conferma sull’ombra che lascia una vita illuminata dal Signore. Gesti concreti e – a volte – banali come solamente il passare per strada, il salutare, un agire nel quotidiano allineato al Vangelo, ma senza forzature senza un “devo fare così”  perché un cristiano non è mai stata una “persona di facciata e d’immagine” ma è sempre stato la persona che anche nel nascondimento delle 4 mura di casa si muove e vive nello stesso modo che vive in mezzo alla gente.

Abbiamo sempre pensato che l’ombra (spirituale) è qualche cosa che non va bene, qualche cosa che indica una parte “da mettere in luce” per scovare il male che cerca sempre di nascondersi dietro altro, ma l’”ombra” del male, il cono d’ombra del male non è “ombra”, ma è tenebra/nascondimento dalla luce.

L’ombra – invece – ha sempre a che fare con la luce, la nostra coscienza è OMBRA del Signore e – per assurdo – questa ombra porta a vedere meglio.

L’ombra è quindi Luce “tradotta” o Luce che colpisce un corpo concreto e si prolunga, si rende reale nel pieno rispetto dell’umanità, della fisicità, della concretezza.

Ma … è il “proprietario” dell’ombra non sa cosa fa la sua ombra … non se ne cura e credo che questo sia una cosa bellissima per evitare che il “proprietario” si senta “luce”, mentre è solo corpo attraversato dalla luce.

Masaccio ci ha lasciato poche opere, una di queste è la cappella Brancacci, nella chiesa di S. Maria del Carmine a Firenze.
Su una delle pareti è raffigurato il passaggio di San Pietro, che risana gli infermi con la sua ombra.
Se passate da Firenze, fate una visita, merita davvero
(Nicodemo)

Gesù sta in mezzo a noi

Commento al Vangelo del 11 aprile 2010, II domenica di Pasqua (anno C) 

+  Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 20,19-31)
La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore.
Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati».
Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. Gli dicevano gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo».
Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: «Pace a voi!». Poi disse a Tommaso: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!». Gli rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!».
Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro. Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome.

Gesù viene
Anche se sono rinchiuso nelle mie oscurità, abbracciato alle mie paure, immobilizzato dai pesi delle dei miei peccati, GESU’ VIENE.
Di sua iniziativa e senza “chiedere permesso” lui entra e mi raggiunge là dove io sono.
2000 anni fa. Ieri. Oggi. Sempre.
Non chiede permesso per entrare, ma chiede a me di accettare la sua amicizia, portandomi in dono ciò che mi è necessario: lo Spirito, la Pace, Lui stesso.
Anche se nel momento in cui è venuto non ero in casa, oppure se ero distratto e non mio sono accorto della sua presenza, ebbene Lui ritorna ancora una volta, proprio per me che “ero fuori”.
Ritorna per recuperare anche gli assenti, anzi sembra proprio che si voglia prendere più cura di chi più dubitava.
Si manifesta a tutti, ma ritorna per farsi toccare da me che non c’ero.
Non si presenta a mani vuote, no. Porta in dono quello di cui necessito maggiormente: la pace, la sua pace, e lo Spirito di Dio.

Gesù sta in mezzo a noi
Sulla croce non è finito tutto, Gesù non è morto per ritornare dal Padre, ma continua a stare in mezzo a noi.
Nonostante la mia incapacità di vedere oltre alle porte chiuse del mio orgoglio, Lui si ferma con noi nell’ottavo giorno, quello della resurrezione; è il giorno che ricordiamo ogni domenica celebrando la santa messa.
Ci penso ogni volta che mi ritrovo con chi crede come me in Cristo risorto, che sta succedendo un miracolo: Gesù è presente in mezzo a noi; anche se il mio vicino di banco mi sta antipatico e no sopporto il suo modo di fare, anche se sto pensando a tutto fuorché al sacrificio eucaristico … anche se … Gesù è in mezzo a noi.
Ah, se capissi di ri-vivere questo momento, nulla sarebbe più bello che gridare forte “Gesù è qui con noi !!!”.

Vedere-toccare-credere
A volte mi sembra di essere come quei bambini che hanno bisogno di verificare di persona quello che gli adulti dicono loro.
La necessità di fare esperienza della mia fede è umanamente comprensibile, ed in questo Gesù stesso mi viene in aiuto dicendomi: “sono qui, sono venuto proprio per te, avvicinati e toccami”.
Ed io, che sono il fratello gemello di Tommaso, voglio assicurarmi di quanto Lui mi dice; ma nell’esatto istante in cui mi muovo, capisco che chi mi chiama è il Signore stesso, attraverso il suo Figlio.
Questa comprensione è possibile grazie all’azione dello Spirito Santo che Gesù ha donato morendo in croce, e che continua a donare ogni volta che se ne fa richiesta.
Ecco manifestata anche la Trinità; Tommaso riesce a comprendere che Gesù è Dio stesso perchè può “mettere insieme i pezzi” grazie al dono dello Spirito.

Quando gli altri hanno ricevuto, tu puoi ancora ricevere, perchè Dio è sempre lì.
(proverbio del Burundi)

Il nostro amico Tommaso

Maestà (back, crowning panel): Doubting St. Thomas. 1308-11. Tempera on wood panel. Museo dell'Opera del Duomo, Siena, ItalyConfesso che a guardarmi in giro non è che si sente molto l’aria della Pasqua.

Sì, dai, è come se tutto fosse stato inghiottito dalla quotidianità … E’ stata una festa come un’altra, un po’ più di impegno liturgico, ma – tutto sommato – una festa come le altre che – una volta passata – viene riposta (proprio come il Presepe).

E’ una cosa comune a tutti, non c’è colpa alcuna, è semplicemente così.

O meglio, a noi pare sia così, ma qualcosa è successo in noi … magari in modo impercettibile, ma qualcosa è successo.

Sia a Natale come a Pasqua ciò che ci muove è l’affettività, l’emotività che prende aria, ossigeno …

Sia a Natale come a Pasqua ciò che ci inquieta un po’ è proprio questo

Sia a Natale come a Pasqua – dirò una stupidata – ma molti diventano un po’ più umani e alcuni – invece e purtroppo – diventano sempre più disumani.

Viene scossa la sensibilità e verrà scossa – prima o poi – come un terremoto di una potenza inaudita coloro che si mantengono disumani.

Ognuno di noi può dire che in questi giorni abbiamo avvertito una vista un po’ più acuta che andava oltre il visto ed il visto ed entrava nel cuore altrui.

Ognuno di noi – in un modo o nell’altro – ha cercato (cosa straordinaria davvero) di “far fare festa” all’altro … A molti è successo questo.

La cosa inaudita davvero p che tutto passa per il nostro cuore umano, con i nostri sentimenti, con la nostra tenerezza. Nulla di “fuori dal mondo”, ma dentro questo mondo, questa vita, queste persone ed in modo del tutto umano.

Guardando a questo e leggendo le letture che ci accompagnano in questo mi sono resa conto che anche per gli apostoli è stato lo stesso.

Loro quando hanno ri-visto Gesù hanno lasciato libera la loro affettività, sono quasi “impazziti” dalla gioia, il cuore scoppiava nel loro petto.

Pietro, ad esempio, si è  buttato in acqua … un’altra volta, ma questa volta non ha rischiato di affogare, questa volta è corso dal suo Maestro.

Giovanni, pareva avesse il cuore incollato a Gesù e percepiva più con questo che non con gli occhi o l’intelligenza (è stato lui a dire a Pietro sulla barca “E’ il Signore”).

Pura affettività, infinite emozioni, legami d’amore umano.

Ma tra i dodici ce n’è stato uno che ha avuto paura di questo, probabilmente ha avuto paura di soffrire ancora, forse ha preferito negare tutto preferendo il ricordo che non la certezza.

Tommaso, sì, proprio lui. La bellezza di Tommaso, come di tutti gli altri del resto, è che è autentico e non ha paura di ammettere la propria incredulità, il proprio limite.

Non ha paura di nulla, ha solo paura di soffrire di più di quello che già soffriva.

Tommaso è ognuno di noi e ognuno di noi nella sua vita ha provato o proverà questa disarmante incredulità che si rivolge al Signore con un leale “non ce la faccio”.

La cosa che non ci aspetteremmo mai è che il Signore stesso che cerca proprio questi “Tommaso”, esaudisce il loro desiderio, non si scandalizza, non si inquieta, ma cerca e ri-cerca di … farsi credere.

Ciò che ne esce da Tommaso – anche qui forse dirò una stupidata – è che la sua esclamazione (e da notare che alla fine il dito nei chiodi non ce l’ha messo) è stata “Mio Signore e mio Dio”.

Passi il “mio Signore”, ma il “mio Dio”?

Il primato di Pietro (quel “Tu sei il Figlio del Dio vivente”) è un po’ meno primato perché Tommaso, in un colpo solo, ha riconosciuto sia che Gesù era il Figlio di Dio sia … la Trinità.

Quel riconoscere Gesù Risorto come Dio è un conoscere e riconoscere la Trinità … anche perché tra “mio Signore” e “mio Dio” ci sta un “E” .. che significa appunto riconoscere la differenza e l’unità del Figlio di Dio con Dio.

Quando oggi ho risentito questa magnifica professione di Fede di Tommaso, mi sono accorta di questa cosa ed – sinceramente – mi sono meravigliata per la Grazia che Tommaso ha ricevuto.

Ecco, auguro a tutti una Grazia simile e – garantito – le nostre giornate non saranno più inghiottite dalla routine.

Credits:
immagine presa da qui