Dalla parte opposta

Commento al Vangelo del 29 agosto 2010, XXII Domenica del Tempo Ordinario (anno C)

+  Dal Vangelo secondo Luca (Lc 14,1.7-14)
Avvenne che un sabato Gesù si recò a casa di uno dei capi dei farisei per pranzare ed essi stavano a osservarlo.
Diceva agli invitati una parabola, notando come sceglievano i primi posti: «Quando sei invitato a nozze da qualcuno, non metterti al primo posto, perché non ci sia un altro invitato più degno di te, e colui che ha invitato te e lui venga a dirti: “Cèdigli il posto!”. Allora dovrai con vergogna occupare l’ultimo posto. Invece, quando sei invitato, va’ a metterti all’ultimo posto, perché quando viene colui che ti ha invitato ti dica: “Amico, vieni più avanti!”. Allora ne avrai onore davanti a tutti i commensali. Perché chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato».
Disse poi a colui che l’aveva invitato: «Quando offri un pranzo o una cena, non invitare i tuoi amici né i tuoi fratelli né i tuoi parenti né i ricchi vicini, perché a loro volta non ti invitino anch’essi e tu abbia il contraccambio. Al contrario, quando offri un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi; e sarai beato perché non hanno da ricambiarti. Riceverai infatti la tua ricompensa alla risurrezione dei giusti».
Parola del Signore

Invitati
La Parola di Dio è piena di esortazioni ed in questo brano abbiamo la parola “invitare” che compare per 10 volte e fa da cornice al brano stesso, il quale presenta due diverse contrapposizioni.
Nella prima parte io sono invitato ad un banchetto di nozze, ma non mi accorgo di tutti gli altri commensali e penso solo a me stesso, cercando di mettermi in evidenza. Questo atteggiamento viene riconosciuto e ribaltato con la parola “invece“, che mi manda a sedere dall’altra parte del tavolo.
Seduto dalla parte opposta mi metto a guardare cosa succede: gli ultimi, quelli che io non vedevo, sono ora seduti ai primi posti e si mettono a parlare con Gesù; inizialmente sono colto da un sentimento di invidia ma poi, a poco a poco, il mio animo si acquieta; da questo punto di osservazione riesco a capire che il modo di vedere di Gesù è capovolto rispetto al mio; senza questa esperienza non sarei stato in grado di comprendere cosa vuole veramente Gesù da me: che io cambi il mio punto di vista e che io mi accorga di tutti gli altri invitati.
Infine una grande gioia mi invade quando Gesù mi chiama: “amico, vieni qui vicino a me, c’è ancora un posto libero”.
Solo essendo ultimo io riesco a fare esperienza dell’Amore che Gesù ha per me, e comprendo che il Regno di Dio è un banchetto al quale siamo tutti invitati.

Invitare
Nella seconda parte del brano sono io che voglio invitare: a chi mi rivolgo ? Da quale parte è voltato il mio sguardo ?
E’ certamente un momento di gioia poter invitare qualcuno a casa mia, e spesso mi aspetto che il mio invito venga poi contraccambiato; oppure faccio un invito per un mio scopo utilitaristico.
Tutto questo perchè il mio sguardo è rivolto unicamente alle persone dalle quali posso ottenere qualcosa, in termini di stima, affetto, ricompensa, ecc..
Gesù mi dice che è “al contrario” che devo guardare, ovvero dalla parte opposta, dove ci sono persone che non hanno nulla da darmi in cambio. Sono quelli ai quali mi è difficile rivolgermi e che magari considero al di fuori della cerchia di amicizie; sono quelli che ritengo siano noiosi e che spesso si continuano a lamentare, o che magari non riesco a sopportare.

Per essere beati, come Maria
Questa è la beatitidine degli umili, quella che Maria annuncia nel Magnificat:

perché ha guardato l’umiltà della sua serva.
D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata

ha innalzato gli umili;
ha ricolmato di beni gli affamati,
ha rimandato i ricchi a mani vuote.

Maria, aiutami ad avere occhi come i tuoi, umili e sempre attenti a guardare “dalla parte opposta” .

Un grazie a Tanino, questi miei pensieri si ricollegano al post Felicità è … Vivere per la felicità degli altri, che ho letto ed apprezzato molto.
Prendo “in prestito” anche l’immagine che correda l’articolo; foto di Maurizio Mosconi – Castelluccio. Grazie anche a lui.

Giorno di beatitudine

Beati quelli che
non hanno visto
e hanno creduto.

(Gv 20, 29)

Questo ha detto Gesù ad un Tommaso incredulo.
Le donne alla tomba hanno visto con i loro occhi, così come Pietro e gli apostoli.

Noi no.

Ascoltiamo da chi ci ha trasmesso questa notizia e crediamo che tutto quello che si racconta nei Vangeli è successo REALMENTE.
Crediamo che siamo stati salvati 2000 anni fa, e non siamo mai sazi di credere.
Per questo, nel nostro piccolo, siamo beati.

Alleluja, Cristo è risorto e vive, e noi viviamo per mezzo di LUI.

Beati i perseguitati

Beati i perseguitati a causa della giustizia, perché di essi è il regno dei cieli

Sono pronta a scommettere che nessuno riuscirà a vederci questa beatitudine nei Vangeli di domenica.
Nel rito romano abbiamo l’adultera e nel rito ambrosiano abbiamo la resurrezione di Lazzaro e – tra l’uno e l’altro – abbiamo San Giuseppe che fa da apertura a questa ultima domenica di Quaresima.
In tutti questi Vangeli e queste  storie ci sono delle donne:

  • Maria, che fa da sottofondo,  alla storia di Giuseppe, alla sua grande scelta
  • L’adultera, che viene giudicata e condannata senza pietà, senza neppure prendersi le briga di indagare sulla sua colpa. Giudicata senza un briciolo di giustizia, se vogliamo e condannata a morte come se i giudici fossero signori della vita e della morte altrui.
  • Marta e Maria che piangono il loro fratello, piangono una morte che pare ingiusta (come lo è sempre)

In tutte queste storie Gesù è sempre in mezzo, Gesù fa la differenza, Gesù è giustizia del Padre.
Ognuna di queste donne ha sopra la testa il giudizio umano (anche Marta se vogliamo vedere), un giudizio orbo di misericordia, un giudizio che toglie il domani.
Gesù è Colui che ridona il domani, Gesù è Colui che opera la vera giustizia lasciando giudicare il Padre (anche in Maria Sua Madre).
La sofferenza femminile e maschile (da parte di uomini giusti) vive in queste storie, si toccano con mano ed è così forte e coinvolgente che il Figlio di Dio scoppia in lacrime nell’ultima storia di Lazzaro.
Gesù pagherà per questa Sua Giustizia divina, ma pagherà per mano degli uomini, di certi uomini che si scandalizzano del perdono, dell’accoglienza e del rispetto che Gesù pone in ogni situazione.

Sono tre Vangeli in cui, oltre alla beatitudine che ho messo all’inizio, entrano quasi a dimostrazione di altre beatitudini, beatitudini che non sono dentro il “discorso della montagna”, ma che sono perno del “discorso della montagna:

“Beata colei che ha creduto”
“Beati, piuttosto, coloro che ascoltano la Parola di Dio e la mettono in pratica”

E … coloro che credono, che ascoltano la Parola di Dio e la mettono in pratica, sono proprio coloro che pongono la giustizia come misericordia, come possibilità di ricupero e di miglioramento, come strada per il Cielo, come vita splendente qui e adesso … ma sono anche coloro che potrebbero essere perseguitati perché la loro dolce giustizia giudica i giudicanti senza pietà.

Beati in due parole

Beati gli operatori di pace

Il “padre misericordioso” è veramente un operatore di pace, anzi un seminatore di pace tra i figli.
E spero che nessuno faccia come me che spesso mi sono detta “ma, cavolo, anche il figlio maggiore aveva ragione!”
Aveva ragione sì, ma sbagliava a pretenderla questa ragione che l’ha talmente reso cieco da non riconoscere e gioire per un fratello che ritorna.
E questo il “padre misericordioso” lo sapeva bene.

Ancora Beatitudini

Beati i congelati dal freddo per fare del bene, perché per essi è garantito il calore del cuore che nessun gelo può spegnere.

Beati quelli che hanno i piedi resi insensibili dal fretto per le tante ore passate in piedi “alle intemperie”, perchè avranno piedi che volano e che sanno essere delicati quando camminano sulle sofferenze altrui.

Beati quelli che hanno le mani screpolate da tutto, perchè per loro ci saranno nuove mani vellutate che accarezzano le ferite donando sollievo.

Beati quelli che hanno mal di testa per la stanchezza, perché da essi starà lontano la cattiveria e su di loro si poserà l’antidolorifico di Dio che si chiama tenerezza pura.

Beati quelli che hanno fame perché oggi non sono riusciti a mangiare per non rubare tempo al bene, perché avranno sazia l’anima di tanti sorrisi ricevuti e grazie negli sguardi.

Beati quelli che appena arrivano in casa riescono ancora ad avere la forza per “lavorare” perché per essi c’è in serbo la forza di Dio.

Beati quelli che – a questo’ora – non riescono a vedere nient’altro che il letto per dormire, perché il loro capo si poserà sul cuore del Padre.

Beati quelli che hanno sfrontatezza di impedire per amore ai nemici, la giustizia di Dio … perché loro gusteranno i frutti ed i miracoli della misericordia di Dio.

Beati quelli che hanno contrastati gli egocentrici ed egoisti per uscire dai capricci altrui, per proclamare la Verità di Gesù, per essere mani e piedi di Gesù perché per loro ci sarà la protezione del Padre.

Beati quelli che hanno scoperto che il motivo della nostra vita è quello di rendere tutto migliore per grazia di Dio e per amore di Dio …

Beati quelli che con le ossa rotte, domani saranno sempre al loro posto pronti a farsele rompere ancora dalla fatica, dal freddo, dall’incomprensione, dallo scherno … perché non sentiranno nulla di tutto questo e sentiranno nel cuore solo un “grazie” di Dio Padre e del nostro Fratello Gesù.

Scendere dal Tabor per dissetare samaritane beate

Mi stupisce sempre il dialogo serrato tra le Letture proposte dal rito ambrosiano e da quello romano.

Anche quando paiono slegate tra di loro, in qualche modo si rivelano, poi, legatissime.
Oggi abbiano, nel Rito Romano – la trasfigurazione del Signore sul Tabor –  mentre  – nel Rito Ambrosiano – abbiamo la samaritana.
Se ci fermassimo alle sole parole ci risulterebbe impensabile legarle, ma se leggessimo le due pericopi una di seguito all’altra (prima la Trasfigurazione e poi la Samaritana) allora … allora tutto cambia.
Pietro vorrebbe fermarsi sul Tabor (e chi non lo vorrebbe?), ma Gesù spinge a ritornare coi … “piedi per terra”, in mezzo agli uomini e non ai santi.

Così ritornando a terra e proseguendo la lettura della pericope della Samaritana ci si accorge che – accantonando per un momento il significato teologico  – che non mi sognerei mai di proporre – c’è un’indicazione quaresimale veramente innovativa.
Un’indicazione che a me ha lasciato un po’ stupita (e non me ne vogliano i teologi che potrebbero leggere queste parole).
Si ritorna “giù” dal monte della trasfigurazione (della preghiera, del raccoglimento, dell’introspezione, del dialogo con il Signore) per andare a … dare “acqua” al prossimo, il sorriso al prossimo, l’accoglienza al prossimo.

Un’idea strana per un tempo penitenziale no? Un’idea molto alternativa per un tempo forte di conversione (che noi intendiamo sempre in termini “io e Dio”) no?
Vestirci di luce ed essere luce riflessa per il prossimo, aspettare il prossimo nel momento più faticoso (l’ora più calda e più deserta), aspettarlo proprio nel posto giusto e nel momento giusto … Ed in quel momento fare esattamente quello che Gesù ha fatto.
E che ha fatto Gesù? Niente, assolutamente niente di eccezionale (per noi) nessun miracolo, nessun prodigio … nulla! Ha solamente rivolto la parola ad una “straniera”, ad una emarginata o se vogliamo ad una persona che aveva sete di umanità.
Ecco le Beatitudini di questa domenica, la prima:

Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia

Perché dal Tabor si scende per misericordia! Una cosina che – anche etimologicamente – ha a che fare con il cuore. Ma con quale misericordia?
Ed ecco la seconda:

Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati

Portare allora pane e acqua per quelli che hanno fame e sete di giustizia.
Dal Tabor, dalla Quaresima si scende per entrare nell’intimo, nel cuore di ogni persona per saziare quella fame di giustizia (la samaritana era affamata di giustizia ed era oppressa dall’ingiustizia).

Dalla Quaresima, ma in ogni giorno di Quaresima dobbiamo rivestirci di quella luce che tutti conoscono e che tutti accolgono perché è essenziale come l’acqua: la luce di una persona che dona sostegno, affiancamento, comprensione, coraggio ecc.
Facciamo tutte le penitenze che vogliamo, ma dopo – camminando per strada ed incontrando la gente – lasciamo che davanti a noi cammini solamente la nostra umanità.
Questa credo sia la misericordia che ci viene chiesta, una misericordia che nasce da una preghiera intensa e da … una gratuità immensa.
E per agganciare queste due brani di Vangelo tra di loro e con le beatitudini mi ha aiutato – se non addirittura indicato – il nostro caro San Paolo che nel Rito Ambrosiano e proprio in questa domenica dice questo.

Lettera di san Paolo apostolo ai Gàlati 6, 1-10
Fratelli, se uno viene sorpreso in qualche colpa, voi, che avete lo Spirito, correggetelo con spirito di dolcezza. E tu vigila su te stesso, per non essere tentato anche tu. Portate i pesi gli uni degli altri: così adempirete la legge di Cristo. Se infatti uno pensa di essere qualcosa, mentre non è nulla, inganna se stesso. Ciascuno esamini invece la propria condotta e allora troverà motivo di vanto solo in se stesso e non in rapporto agli altri. Ciascuno infatti porterà il proprio fardello. Chi viene istruito nella Parola, condivida tutti i suoi beni con chi lo istruisce. Non fatevi illusioni: Dio non si lascia ingannare. Ciascuno raccoglierà quello che avrà seminato. Chi semina nella sua carne, dalla carne raccoglierà corruzione; chi semina nello Spirito, dallo Spirito raccoglierà vita eterna. E non stanchiamoci di fare il bene; se infatti non desistiamo, a suo tempo mieteremo. Poiché dunque ne abbiamo l’occasione, operiamo il bene verso tutti, soprattutto verso i fratelli nella fede.

E forse forse anche noi non “parleremo” di quello che abbiamo visto e vissuto sul Tabor, ma di certo si vedrà, di certo trasuderemo questa flebo di misericordia ricevuta lassù (che è quaggiù nell’Eucarestia) …. Perché il Tabor, oltre all’ennesimo riconoscimento di Gesù come Figlio di Dio, c’è anche l’indicazione di ascoltarLo …

e le Parole di Gesù sono misericordia pura


Le tentazioni di Gesù vinte con le beatitudini

Quante volte ho sentito questo Vangelo delle tentazioni di Gesù nel deserto! Quante parole ho sentito su questo fatto! Quanti inviti mi sono stati rivolti per questo mega-ritiro che dura 40 giorni e senza spostarsi minimamente da luoghi ed occupazioni quotidiani.
Eppure oggi mi suona in modo diverso, oggi mi sono accorta che all’inizio di questo Vangelo c’è una piccola “premessa”
“In quel tempo, Gesù, pieno di Spirito Santo, si allontanò dal Giordano ed era guidato dallo Spirito nel deserto, per quaranta giorni, tentato dal diavolo. Non mangiò nulla in quei giorni, ma quando furono terminati, ebbe fame”

(che è quasi identico al Vangelo di Matteo proposto dal rito ambrosiano).
Non mi sono mai accorta di questa “particolarità”:  non viene detto come e per che cosa Gesù è stato tentato per 40 giorni,  ma viene detto quali sono state le tentazioni alla fine dei 40 giorrni, dopo aver vinto ogni altra tentazione, quando Gesù “pareva” (al diavolo, ovviamente) sfiancato e debole.
E che tentazioni poi, direi che sono tentazioni di  tutti i tempi che si fanno passare per cose –  sotto un certo aspetto – legittime.

  • Mangiare è legittimo, procurarsi il cibo è umano
  • Una certa gratificazione di successo (senza troppa fatica) è – secondo noi – giusta
  • La sindrome da eroi di Dio è un po’ comune a tutti (il famoso “Io mi butto e poi faccia il Signore”

Insomma, a noi –  gente del 2010 – non paiono delle “grandi tentazioni” …

Onestamente, poi, mi fa anche un po’ ridere questo “povero diavolo” che presenta simili tentazioni al Figlio di Dio, insomma, a me verrebbe da dire “Ué, ma come stai? Bello, non ci stai più dentro! Ma vai a proporre simili cose al Figlio di Dio? E’ detto popolare che Lui ne sa una più di te!”.

Eppure sono le grandi tentazioni di sempre, è la grande tentazione di “usare” Dio, di piegarlo a ciò che abbiamo bisogno in quel momento.
Sono le grandi tentazioni che arrivano quando … ehm … ci sentiamo un po’ troppo “figli” che si rivolgono al “papi” per un problema..

Ed è un escalation in questo senso: prima sulla fame (se ci fosse Pietro in giro ne tirerebbe fuori delle belle), poi sul potere (anche qui Pietro darebbe il meglio di sé ed infine sulla sindrome da padreternismo (qui invece Pietro si metterebbe a piangere ricordando la sua sbruffonata)

Ma che fa impressione, che mi scalda il cuore e mi lascia “a bocca aperta” sono le risposte di Gesù, per nulla contrariato, quasi paziente con ‘sto diavolo che fa il furbo.

Alla prima tentazione, io risponderei sdegnata e invece Gesù va più a fondo, va all’essenziale. Invece la risposta di Gesù … tra l’altro questa risposta troverà poi il suo seguito in altra parte con “ … ma di ogni Parola che esce dalla bocca di Dio” che è poi Gesù stesso nell’Eucarestia.
Un Gesù mite anche con il male. Io (noi) siamo sempre pronti a fare crociate ed invece Lui si mette nel cuore e nella mente l’armatura della mitezza che non è un lasciar correre o far finta di niente o – peggio ancora – subire una falsità. No, Lui pone la Verità con decisione, ma non colpisce il diavolo. Incredibile!!! Gesù non giudica e condanna neppure il male e pone solo la verità.
E’ la tentazione a cui corrisponde questa beatitudine

“Beati i miti, perché erediteranno la terra”
e anche questa
“Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli”

E questa mitezza che viene dalla vera povertà di sé stessi presente nella risposta di Gesù anticipa un po’ la seconda tentazione (o da l’occasione al diavolo per la seconda tentazione).
Il potere sulla terra … ereditare la terra.

Bè, qui è inutile dilungarsi troppo. Se proprio non vogliamo “ereditare la terra” (un po’ esagerato), una certa cura d’immagine non guasta. Tra l’altro ho sempre pensato che “curare anche l’immagine” (altrimenti chiamato “fascino”) non guasta alla  Chiesa …
Bella tentazione … proprio furba!
Ma Gesù risponde con lo stesso stile di chi è davvero povero e mite. Non si dilunga, dice solo la Verità. E’ il “problemino” di Gesù che tanto ha fatto infuriare i farisei, i Sommi sacerdoti.
Ed io (noi) qui, a questo punto dovrei (dovremmo) chiederci se ho (abbiamo) lo stesso coraggio. Ooooh, certo, nessuno di noi si metterebbe ad adorare il diavolo, figurarsi! Ma … mmmmhhh … quante volte non abbiamo avuto il coraggio di dire che qualche cosa era sbagliato ad un amico (per timore di perderlo) o ad “uno che conta” (magari nella chiesa) SOLO perché ci procureremmo antipatia?
E quand’anche lo avessimo fatto, quand’anche avessimo avuto il coraggio di farlo, quale tono abbiamo usato?
Gesù usa un tono pacato, pare quasi una preghiera la Sua e si sente l’enorme potenza che ha nel cuore e pare quasi che abbia gli occhi fissi negli occhi del Padre, stia vedendo il Padre.
Anche questa risposta è occasione della 3° tentazione, anticipa la tentazione e la risposta di Gesù.

E d ecco l’ultima tentazione a cui corrisponde questa beatitudine

“Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio”

«Se tu sei Figlio di Dio, gèttati giù di qui; sta scritto infatti: “Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo affinché essi ti custodiscano”; e anche: “Essi ti porteranno sulle loro mani perché il tuo piede non inciampi in una pietra”».

E’ la stessa “tentazione” rivolta a Gesù in Croce …
Il dubbio … (e il diavolo lo sapeva benissimo chi era Gesù) insinuato; la richiesta di una prova, di un segno a conferma; la tentazione di fare gesti sconsiderati per dimostrare al “pubblico” che Dio è con noi.
E’ una sfida che “tira in causa” un po’ tutto noi stessi.
E la cosa buffa è che questa “tentazione” mirerebbe a glorificare falsamente il Padre.
C’è anche da notare che la tentazione è rivolta a Gesù come Colui che può dare ordine ai SUOI angeli … Lui, Gesù, il Figlio di Dio che viene tentato di essere di più del Padre.
E Gesù rimette a posto le cose ed i ruoli con un’altra risposta mite, ma precisa.
Ed è la 3° beatitudine della purezza di cuore che davvero rende visibile (al cuore) Dio Padre.
C’è una concatenazione nelle tentazioni e nelle Beatitudini: ognuna richiama la seguente.
E’ un duello di Fede dove Gesù è stato molto più “astuto” del diavolo e l’ha battuto sullo stesso campo …
Il diavolo, scornato, quindi si allontana, ma promette di ritornare.
E ritornerà con le stesse tentazioni, ma in un momento tragico, oltre la resistenza fisica di Gesù.
E questa ultima tentazione non avrà nessuna risposta da Gesù, se non il suo spirare ed il suo affidarsi al Padre.

Tentazioni e beatitudini

In quel tempo, Gesù, pieno di Spirito Santo, si allontanò dal Giordano ed era guidato dallo Spirito nel deserto, per quaranta giorni, tentato dal diavolo. Non mangiò nulla in quei giorni, ma quando furono terminati, ebbe fame. Allora il diavolo gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, di’ a questa pietra che diventi pane». Gesù gli rispose: «Sta scritto: “Non di solo pane vivrà l’uomo”».
Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli

Il diavolo lo condusse in alto, gli mostrò in un istante tutti i regni della terra e gli disse: «Ti darò tutto questo potere e la loro gloria, perché a me è stata data e io la do a chi voglio. Perciò, se ti prostrerai in adorazione dinanzi a me, tutto sarà tuo». Gesù gli rispose: «Sta scritto: “Il Signore, Dio tuo, adorerai: a lui solo renderai culto”».
Beati i miti, perché erediteranno la terra.

Lo condusse a Gerusalemme, lo pose sul punto più alto del tempio e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, gèttati giù di qui; sta scritto infatti: “Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo affinché essi ti custodiscano”; e anche: “Essi ti porteranno sulle loro mani perché il tuo piede non inciampi in una pietra”». Gesù gli rispose: «È stato detto: “Non metterai alla prova il Signore Dio tuo”».
Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio.

Felicitudini e dispiacitudini

Commento al Vangelo del 14 febbraio 2010, VIa domenica del tempo ordinario (Anno C)

+ Dal Vangelo secondo Luca (Lc 6,17.20-26)
In quel tempo, Gesù, disceso con i Dodici, si fermò in un luogo pianeggiante. C’era gran folla di suoi discepoli e gran moltitudine di gente da tutta la Giudea, da Gerusalemme e dal litorale di Tiro e di Sidòne.
Ed egli, alzàti gli occhi verso i suoi discepoli, diceva:
«Beati voi, poveri, perché vostro è il regno di Dio.
Beati voi, che ora avete fame, perché sarete saziati.
Beati voi, che ora piangete, perché riderete.
Beati voi, quando gli uomini vi odieranno e quando vi metteranno al bando e vi insulteranno e disprezzeranno il vostro nome come infame, a causa del Figlio dell’uomo. Rallegratevi in quel giorno ed esultate perché, ecco, la vostra ricompensa è grande nel cielo. Allo stesso modo infatti agivano i loro padri con i profeti.
Ma guai a voi, ricchi, perché avete già ricevuto la vostra consolazione.
Guai a voi, che ora siete sazi, perché avrete fame.
Guai a voi, che ora ridete, perché sarete nel dolore e piangerete.
Guai, quando tutti gli uomini diranno bene di voi. Allo stesso modo infatti agivano i loro padri con i falsi profeti».
Parola del Signore

Un Gesù in pianura
Gesù si pone al livello di tutti gli altri, che sono una moltitudine, sta in pianura ed il significato di questo sta nel fatto che così è accessibile a tutti quelli che vogliono ascoltarlo e seguirlo. Dietro ai suoi discepoli posso mettermi anche io ad ascoltare le sue parole.
Ma fa di più mettendosi in basso e guardando i suoi discepoli (me e tutti noi) dalla posizione di chi si vuole fare servo di tutti; è la stessa posizione che assumerà nell’ultima cena, quando si mette in ginocchio a lavare ed asciugare i piedi dei suoi amici.
Nel brano parallelo di Matteo (Mt 5, 1-12) Gesù pronuncia il “discorso della montagna” stando in una posizione alta, come un maestro che sta insegnando una cosa importante ai suoi discepoli. Non si tratta di una contraddizione tra i due evangelisti, piuttosto si completano a vicenda, come quando due persone diverse raccontano lo stesso avvenimento rilevando ognuno delle diverse caratteristiche che completano il quadro.
Se in Matteo Gesù si propone come maestro, dall’inzio di questo brano è chiaro questo: Gesù si presenta come servo di tutti e si rivolge a tutti quelli che lo ascoltano parlando proprio a loro e proprio di loro, descrivendo sè stesso.

Identikit
Gesù traccia l’autoritratto di sè stesso: povero, sofferente, perseguitato. Indica una meta futura a chi ora è povero, a chi ha fame, a chi piange, a chi è perseguitato; queste condizioni dell’uomo non sono definitive ma verranno superate in un futuro.
Quando ?
La ricompensa ultima è grande e sarà nel cielo, e questo avverrà secondo il giudizio finale. Ma anche oggi può essere  il tempo nel quale ribaltare queste situazioni, dipende anche da chi è ricco, da chi è sazio, da chi ha tutto; infatti la seconda parte del discorso (i “guai …”) è rivolta a coloro i quali sono nella condizione di fare qualcosa per i fratelli meno fortunati. Non si tratta di una “maledizione”, bensi di una specie di “mi dispiace per voi”, oppure “attenti a voi”; è un invito a rivedere la propria vita in favore di coloro che sono meno fortunati.

Difficoltà
E’ inutile, per me che vivo la mia vita da ricco e sazio è difficile comprendere fino in fondo come si possa essere felici non avendo nulla, o meglio nulla di quanto posseggo io adesso.
Secondo la mentalità corrente la frase “beato te che hai una bella casa, una bella famiglia, un lavoro, ecc” dovrebbe essere una espressione che si può largamente condividere.
Invece Gesù ribalta questo modo di pensare, rovescia questa visione delle cose.
Chi è ricco non ha più spazio per accogliere la verità della Parola di Dio che salva, e per questo non ha nemmeno la capacità di vedere chi è più sfortunato; a questi Gesù sta dando un avvertimento dicendo che è dispiaciuto per coloro i quali non sono capaci di ascoltare le sue parole perchè sono ormai sazi.

Povertà beata ?
La beatitudine dei poveri non sta nella loro condizione, poichè questa dipende anche da coloro che sono ricchi.
No.
La beatitudine sta nella garanzia di avere una ricompensa ultima da da Dio.
La condizione di povertà del presente può essere alleviata, o anche risolta, da chi è oggi ricco e decide di ascoltare e seguire il messaggio di condivisione che Gesù annuncia a tutti, poveri e ricchi.

A me la scelta: con chi voglio stare ?

(*) Venga il tuo regno.
Dov’è l’odio sia il tuo amore.
Dov’è la guerra la pace.
Dov’è l’impurità sia purezza, dove la lussuria la castità.
Dov’è la violenza sia mansuetudine, dove vendetta perdono.
Dov’è ricchezza sia carità, dove povertà sia accettazione gioiosa.
Dov’è terrore sia tranquillità
Dove tristezza gaudio.
Dove paura di morire sia fede.
Dove disperazione sia pace.
Dov’è peccato sia grazia.
Dove tiepidezza fervore.
Dov’è egoismo sia dono.
Dov’è calcolo sia generosità.
Dov’è ateismo sia adorazione.
Dove buio sia luce.
Dov’è postribolo sia verginità.
Dov’è abiezione sia personalità.
Dove il figlio si ribella sia sottomissione.
Dove il padre è indegno sia disciplina.
Dov’è tristezza sia gioia.
Dov’è vuoto sia pieno.
Dov’è morte sia vita.
Dov’è sfruttamento sia responsabilità.
Dov’è furto sia servizio.
Dov’è prepotenza sia mansuetudine.
Dov’è regno sia servizio.
Dov’è comunismo sia comunità.
Dov’è razzismo sia cattolicesimo.
Venga il tuo regno.

(*) Carlo Carretto –  ElAbiodh. Diario spirituale – 1954 1955

Credit:
immagine presa da
Qumran2

Lettera dal monte delle beatitudini

(*) Caro Giusto,

Non so se riuscirò ad esaudire il tuo desiderio di farti conoscere la dottrina predicata dal Galileo, perchè il descriverla non è facile compito. Se tu mi avessi chiesto cosa vuole il Nazareno avrei potuto risponderti: tutto.
E’ proprio così! egli esige da noi tutto, assolutamente tutto.

Indovino il tuo stupore e la tua incredulità; tu non comprendi le mie parole ma, vedi, anche a me non riesce facile comprendere quell’uomo. La verità che egli annuncia è così semplice nei suoi particolari che anche un bambino potrebbe afferrarla; presa però nell’insieme, essa supera la ragione umana.

Il suo modo di esprimersi è semplice e chiaro; è come se egli ti guidasse su una strada piana e facile. D’un tratto però questa strada finisce e a te par di stare per precipitare in un abisso.
Allora egli ti dice «Dammi la mano, appoggiati a me, abbi fiducia in me e chiudi gli occhi».

[…] Ma tu vuoi sapere in che cosa consista la sua dottrina.
Ascolta: alcuni giorni fa Gesù, accompagnato dal solito corteo di uditori, si era diretto verso i dintorni della città. Era una giornata splendida, come sempre è qui. Solo una nuvoletta, simile ad un fiocco di piuma, vagava nel cielo e il lago di smeraldo scintillava iridescente in fondo alla valle. All’orizzonte si disegnavano su un fondo grigio le cime dell’Antilibano striate di neve.
La folla procedeva con un brusio somigliante al rumore di un torrente di montagna. Ad un certo punto ci si dovette fermare perchè la collina verso verso cui eravamo diretti formava ora davanti a noi una ripida parete di roccia nuda.

[…] Quando tutti furono sistemati […] egli scosse la testa, allargò le braccia e abbracciò con uno sguardo tutta quella marea di gente.
Di solito i suoi discorsi cominciano con una haggadah: racconta di un re, di un coltivatore, di un capo-famiglia. Gli ascoltatori si interessano al racconto e a poco a poco egli insinua la verità nei loro cuori. Ma questa volta l’inizio fu diverso. Disse:

Beati …

(*)  Brano tratto dal libro “Lettere di Nicodemo- la vita di Gesù” di Jan Dobraczynski (al capitolo “Sesta lettera”)

Credits: immagini prese dal sito Art et bible (grazie !)