Meraviglia delle radici al sole

Ma che meraviglia non sono quelle radici alla luce del sole ?

Credo sia un po’ quello che dovrebbe capitare a noi,  credo sia quel “portare alla luce” quello che abbiamo nel cuore e credo che – sotto un certo aspetto – magari Gesù intendeva proprio questo con quel “porre la lampada SOPRA il moggio”.

Quella stra-citata conversione, questa parola che ci viene martellata in testa ad ogni piè sospinto, forse forse è “solo” un avere il coraggio di mostrare il proprio cuore, la propria radice.

Sono convinta che la Parola di Dio è scritta “sul cuore” (incisa, impressa a prova di ogni tipo di cancellazione) di ogni uomo, ma questo “cuore” rimane nascosto per un’infinità di motivi … anche se ogni tanto fa capolino e “spinge” (credo siano quelle strane sensazioni quando si combina qualcosa di poco bello).

Ecco queste radici scoperte per opera dell’ acqua mi fanno pensare tanto sia all’acqua del Battesimo, sia all’altro elemento associato all’acqua senza il quale l’acqua rimarrebbe sempre e solo acqua: lo Spirito Santo.

Questa acqua resa viva e attiva con lo Spirito Santo, batte dolcemente, ma inesorabilmente sul nostro povero cuore un po’ pietrificato, un po’ sotterrato (come il talento sotterrato per paura di perderlo) e – adagio adagio – lo porta alla luce, lo porta agli occhi del prossimo perché tutto sia alla luce e tutto si veda.

Tutti i Sacramenti hanno questa “funzione” da “archeologo” e con dei pennellini delicati toglie polvere alla bellezza che c’è in ognuno di noi …

Succede inconsapevolmente di “scoprire il proprio cuore” (è un grosso rischio perché si offre il mitico “fianco scoperto”), ma è un processo inesorabile che – in qualche modo – è anche perfettamente consapevole perché si avverte in progressione nel tempo lo scollamento tra quello che è conveniente mostrare (secondo il mondo) e quello che dobbiamo mostrare secondo quanto ci è stato seminato nel cuore, secondo COME SIAMO STATI PENSATI, CREATI E VOLUTI CON TUTTO IL CUORE … DI DIO PADRE.

Senza togliere nulla ai santi credo che loro siano stati quegli uomini e donne che hanno lasciato trasparire quel “CHI” di cui viviamo (e non solo che “ci abita”).

Per ritornare al Sacramento “in due tempi” (citazione che ho preso da un libro e che ben interpreta il mio simpatico “sospetto”) del Battesimo/Cresima è davvero un portare alla luce tutto, un renderci trasparenti ed un far affiorare la nostra radice … solo la parte superiore delle radici, però, perché le piccole radici (che sembrano tanti fragili) sono quelle profondissime e vastissime che si alimentano costantemente di quest’acqua e – nello stesso tempo – ci tengono ben saldi  nel Creatore, ben saldi nella “terra”.

Come quest’albero, allora, diventiamo – giorno dopo giorno – uomini e donne perfettamente di questa terra e perfettamente del Cielo … ed è (credo, ma non azzardo la certezza) la volontaria fusione dell’uomo a Dio che nient’altro è che quel vecchissimo 1° Comandamento del “Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima” e sul verbo “amare” mica si scherza.

(chiedo scusa per l’uso di parole  troppo inflazionate come “conversione, cuore, ecc.” … ma queste sono e queste devo scrivere)

Immagine presa da qui

Cenere in testa e acqua sui piedi

(*)
Carissimi, cenere in testa e acqua sui piedi. Una strada, apparentemente, poco meno di due metri. Ma, in verità, molto più lunga e faticosa. Perché si tratta di partire dalla propria testa per arrivare ai piedi degli altri.
A percorrerla non bastano i quaranta giorni che vanno dal mercoledì delle ceneri al giovedì santo. Occorre tutta una vita, di cui il tempo quaresimale vuole essere la riduzione in scala.

Pentimento e servizio.  Sono le due grandi prediche che la Chiesa affida alla cenere e all’acqua, più che alle parole. Non c’è credente che non venga sedotto dal fascino di queste due prediche. Le altre, quelle fatte dai pulpiti, forse si dimenticano subito. Queste, invece, no: perché espresse con i simboli, che parlano un “linguaggio a lunga conservazione”.
È difficile, per esempio, sottrarsi all’urto di quella cenere. Benché leggerissima, scende sul capo con la violenza della grandine. E trasforma in un’autentica martellata quel richiamo all’unica cosa che conta: “Convertiti e credi al Vangelo”.  (…)

Quello “shampoo alla cenere”, comunque, rimane impresso per sempre: ben oltre il tempo in cui, tra i capelli soffici, ti ritrovi detriti terrosi che il mattino seguente, sparsi sul guanciale, fanno pensare per un attimo alle squame già cadute dalle croste del nostro peccato. (…)

Intraprendiamo, allora, il viaggio quaresimale, sospeso tra cenere e acqua.

La cenere ci bruci sul capo, come fosse appena uscita dal cratere di un vulcano. Per spegnerne l’ardore, mettiamoci alla ricerca dell’acqua da versare… sui piedi degli altri.
Pentimento e servizio. Binari obbligati su cui deve scivolare il cammino del nostro ritorno a casa.

Cenere e acqua. Ingredienti primordiali del bucato di un tempo. Ma, soprattutto, simboli di una conversione completa, che vuole afferrarci finalmente dalla testa ai piedi.
Un grande augurio.

(*) Riflessione di Tonino Bello
Credits: immagine presa da qui

Nozze di Cana: il segno di una nuova alleanza

Commento al Vangelo del 17 gennaio 2010, IIa domenica del tempo ordinario (Anno C)

Premessa :
La traduzione che si trova di seguito è stata presa dalla registrazione delle letture e dei commenti al Vangelo fatte a Villapizzone (Milano) dai padri gesuiti Filippo Clerici e Silvano Fausti (qui la pagina dalla quale scaricare le registrazioni).
Il testo differisce da quello del lezionario, che comunque si può trovare qui oppure nella Bibbia.

+ Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 2, 1-12)

E il terzo giorno ci fu uno sposalizio in Cana di Galilea, ed era lì la madre di Gesù.
Fu chiamato anche Gesù e i suoi discepoli allo sposalizio,
ed essendo venuto a mancare il vino
dice la madre di Gesù a lui
– non hanno vino !
e le dice Gesù
– che a me e a te donna, non è forse ancora giunta la mia ora ?
e sua madre dice ai servi:
– ciò che vi dirà, fatelo.
Erano lì sei idrie di pietra poste per la purificazione dei giudei, della capacità di circa due o tre misure; dice loro Gesù:
– riempite le idrie d’acqua;
e le riempirono fino al colmo; e dice loro:
– attingete adesso, e portate al maestro di tavola;
e quelli portarono.
Quando il maestro di tavola (architriclino) gustò l’acqua diventata vino, e non sapeva da dove fosse, ma i servi lo sapevano, quelli che avevano attinto l’acqua.
Il maestro di tavola chiama lo sposo e gli dice:
– ogni uomo prima serve il vino bello, e quando sono bevuti il più scadente, tu invece hai custodito il vino bello fino a questo momento.
Questo principio dei segni fece Gesù in Cana di Galilea, e manifestò la sua gloria, e credettero in lui i suoi discepoli.
Dopo questo discese a Cafarnao lui, e sua madre e i fratelli, e i suoi discepoli, e lì dimorò non molti giorni.

Il Vangelo di Giovanni non racconta nulla dell’infanzia di Gesù ma, dopo il prologo, al capitolo 1 Giovanni il Battista rende testimonianza a Gesù, che quindi inizia la sua missione chiamando ad uno ad uno i discepoli; si direbbe, con un linguaggio colorito di oggi, che si tratta di una “partenza a razzo”.

Il sesto giorno

Leggendo i passi precedenti, alla fine del capitolo 1, i fatti descritti si svolgono in tre giorni; se a questi aggiungiamo i tre giorni dopo i quali si svolgono le nozze, ecco che arriviamo al sesto giorno. Questo rimanda al sesto giorno della creazione del mondo, quando l’uomo viene plasmato e prende vita, ed è il preludio al settimo, il giorno consacrato al Signore.

Ecco cosa ci vuol dire l’evangelista: bada bene, siamo nel giorno di una nuova creazione, di una nuova alleanza !

Lo sposalizio

Questo è il termine di paragone, più vicino alla nostra esperienza umana, di come è in realtà il rapporto di Dio con l’uomo: quello di un matrimonio, nel quale due persone distinte si uniscono per formare una cosa sola.
Gesù quindi rappresenta lo sposo-Dio che vuole stabilire una nuova unione, una nuova alleanza con l’uomo; ed ora vediamo come.

Il vino e Maria-donna

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