Vangelo birichino

«Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l’altro pubblicano.
Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: “O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano. Digiuno due volte alla settimana e pago le decime di tutto quello che possiedo”.
Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: “O Dio, abbi pietà di me peccatore”.

Vangelo davvero birichino quello di ieri.

D’istinto tutti ci poniamo dalla parte del pubblicano o quanto meno vorremmo essere da quella parte.

Il pubblicano, poi, non si sa perchè, lo vediamo come un uomo piegato, chino, in ginocchio che contrasta non poco con il fariseo, in piedi e ritto.

Ci irrita tutto questo “ho fatto” e “io sono” e sentiamo come un insulto quel ” e non come ….”

Eppure, siamo così, siamo proprio come il fariseo, prima o poi ci caschiamo tutti.

Però … però, la colpa del fariseo non è tanto quel “ho fatto e io sono”, ma quel “non come …” che viene da una superbia che giudica e giudica a prescindere dai fatti.

Ecco,  forse la preghiera trova il suo sbagliato o giusto dalla posizione degli occhi, da cosa guardiamo, da chi guardiamo

Non conta come ci presentiamo davanti al Signore, ma conta dove abbiamo gli occhi, che cosa vediamo e come lo vediamo.

Il pubblicano è in piedi, è ritto come il fariseo, ma ha gli occhi bassi

Non tiene gli occhi bassi solo – e magari – perchè (come si può evincere dal Vangelo) “non osa”, ma perchè sta guardando in sé e non al di fuori di sé.

Sta guardando in sè stesso alla luce del Signore e lo fa stando in piedi, stando ritto e pronto a camminare nella strada giusta.

Non gli importa degli altri, ma gli altri gli sono fratelli e non si sente superiore; gli altri li capisce, li legge e li custodisce …

Il fariseo, invece, punta gli occhi al cielo e in questo pseudo ringraziamento impone a Dio la Sua benedizione, di essere benedetto …

Guarda troppo in cielo per accorgersi del cuore dell’uomo e ciò che vede intorno a lui sono solo immagini superficiali.

Quindi se pensiamo di trovare Dio in cielo temo ci sbagliamo di grosso, perchè Dio è qui con noi e magari dentro a qualcuno che non pare per nulla un grosso credente …Davanti a Dio lo sguardo – per ovvie ragioni – si pone in noi stessi e ci si misura davanti alla Verità.

Di certo, però, il pubblicano non se n’è fatto un problema della brutta presentazione che gli ha fatto il fariseo, anzi, lo guarda con affetto e comprensione.

Prima di alzare preghiere “contro”, innalziamo preghiere “pro” e proprio per quelli che non riusciamo a capire  e … garantito, capiremo tutto e la misericordia umana sarà una seconda pelle, anzi la “prima” pelle …


Dividere per moltiplicare

Lc 12,49-53

“Pensate che io sia venuto a portare pace sulla terra? No, io vi dico, ma divisione”

Mi ha sempre lasciato perplessa questa frase di Gesù così per come è interpretata.

Gesù – di certo – è venuto a portare la pace nel cuore di ogni uomo, ma non sulla terra.

Non significa che è Lui che divide, ma credo significhi che è il male che si divide, si oppone a Lui e a quanti seguono Gesù.

Non è il credente che divide, al contrario è quello che tenta sempre di tenere unito, ma senza compromessi ed in modo schietto identificando –  in piena umiltà – dove (probabilmente) sta il male di una qualche azione o di un qualche atteggiamento (anche e soprattutto proprio).

Gesù, inoltre, divide il bene dal male, questo sì. Gesù rende evidente il male, lo toglie al nascondimento perchè è questa la funzione della Luce no? Questo togliere dal nascondimento, però, va a “mettere i bastoni tra le ruote” al progetto del contrario di Dio e dell’uomo stesso.

Questa frase, troppo spesso, viene interpretata come un “giudicare” il prossimo, mentre è semplicemente un vedere i pericoli del male ed agire con il bene sullo stesso campo … ed è ovvio che poi scattano le divisioni (dolorose),  ma queste “divisioni” – a dispetto delle intenzioni del male – porta chi crede (Gesù stesso) a pregare incessantemente, ad amare di più i divisi, a dare la propria vita anche per quelli.

allora quella  iniziale divisione, alla fine e per Grazia d’amore e misericordia, diventa strumento di moltiplicazione … come il Pane Eucaristico come Gesù sulla Croce … “Uno per tutti”, ma anche e poi”tutti per UNO”.

Divisione e moltiplicazione.

9+1 — correzione

Errata

“lo stesso Vangelo di domenica prossima”

Corrige

Noooo, non è vero, anche se in qualche modo il Vangelo di domenica prossima parla della stessa cosa da un’angolazione diversa.

 

Chiedo scusa, ma non ho mai capito se sono casuali questi errori o voluti da chissàchi!

9+1

Vangelo Lc 17,11-19

Entrando in un villaggio, gli vennero incontro dieci lebbrosi, che si fermarono a distanza e dissero ad alta voce: «Gesù, maestro, abbi pietà di noi!». Appena li vide, Gesù disse loro: «Andate a presentarvi ai sacerdoti». E mentre essi andavano, furono purificati.
Uno di loro, vedendosi guarito, tornò indietro lodando Dio a gran voce, e si prostrò davanti a Gesù, ai suoi piedi, per ringraziarlo. Era un Samaritano.
Ma Gesù osservò: «Non ne sono stati purificati dieci? E gli altri nove dove sono? Non si è trovato nessuno che tornasse indietro a rendere gloria a Dio, all’infuori di questo straniero?». E gli disse: «Àlzati e va’; la tua fede ti ha salvato!».

Ci sono stata sopra per giorni a questo Vangelo, ma sempre qualcosa non mi tornava.

Ho sentito omelie che parlavano di “fede” del fariseo, ma tutti hanno avuto fede perché si sono incamminati da lebbrosi, verso i sacerdoti.

Ho letto spiegazioni che riguardavano i vari momenti della crescita di fede e di conversione, ma non è detto che poi gli altri nove non si siano convertiti … dopo molto tempo.

Tutto sentivo, ma tutto non tornava … fino ad ieri, per poi oggi (nel Vangelo di oggi che sarà lo stesso di domenica prossima) trovare conferma … o almeno così pare a me.

A parte la curiosità di Gesù di mandare anche il samaritano dai sacerdoti, ma questo qualcuno dice che Gesù non sapeva (séééééééé … come no!), ma c’è anche la stranezza del samaritano che si è incamminato con gli altri verso i sacerdoti … e lui lo sapeva di esserlo e sapeva bene come lo avrebbero accolto i sacerdoti, ma ci è andato lo stesso … Se lo diceva Gesù, va  bene, avrebbe rischiato tutto.

Ma a parte queste due curiosità c’è da chiedersi cosa è successo davvero al samaritano e agli 9 strada facendo.

I lebbrosi, si sa, erano esclusi da tutto, non avevano diritti perché quella terribile malattia era il segno di un peccato innominabile (eccerto …).

Sofferenza fisica e sofferenza morale …

I 10 lebbrosi, forse, vivevano insieme perché – anche questo si sa – tra esclusi si diventa tutti uguali.

Tutti e 10 cercavano la guarigione, ma quale guarigione?

9 la cercavano solo per il loro corpo, 1 la cercava “anche” per il suo corpo.

Il samaritano strada facendo, non ci vuole nulla, una volta che si è visto guarito nel corpo, si sia accorto che quel Gesù gli aveva guarito anche l’anima e poco importavano diritti o altro, importava ritornare da questo Sacerdote che non condannava, che non isolava, che non escludeva …

Così è tornato e si è prostrato ai piedi di Gesù riconoscendolo come Sacerdote, come Signore per il quali nel cuore del samaritano è nato il desiderio e la convinzione di seguire Gesù, seguire la Sua vita, tentare di portare quel poco che poteva portare.

Direi il corrispondente maschile della samaritana al pozzo di Giacobbe: stessa situazione, stessi idoli (i mariti per la samaritana) deludenti, stessa solitudine e stessa vergogna (anche la samaritana aveva la lebbra nell’anima che la sfigurava).

Il samaritano è tornato da Gesù ed ha lasciato perdere la Legge, i sacerdoti che lo avrebbero cacciato comunque … pur accertando la sua guarigione.

Il primato del samaritano è stato proprio il riconoscere il vero Sacerdote.

Gli altri 9? Bè, loro volevano solo guarire per ritornare alla vita di sempre, senza neppure un minimo cambiamento e per loro “bastavano” quei sacerdoti uomini che avevano diritto di vita o di morte su tutti.

Quei sacerdoti che non li cambiavano dentro, ma certificavano il “bene” fuori dall’anima.

Il perché …. Bè lo sentiremo domenica prossima.

Questi nove non sono guariti completamente, o meglio, il loro corpo è guarito, ma non l’anima che non ha rinunciato a quanto avrebbe dovuto rinunciare o quanto meno condividere.

Una volta ottenuto quello che serviva, basta … Gesù non serviva più ed  ognuno ritornava felice e beato alla sua vita di prima (magari non troppo per la quale).

Hanno visto il Gesù taumaturgo, guaritore, profeta magari … ma nulla di più chiusi, ahimè, nel loro egoismo.

Un po’ ci assomigliano questi  9 quando chiediamo cose eccezionali a Dio perché non ne possiamo più, ma una volta ottenute … basta e tutto ritorna come prima.

E’ bello anche questo Gesù che “spreca” per amore miracoli, ben sapendo che cadranno in cuore di pietra e il  seme non avrà futuro, ma Lui ci tenta sempre per compassione, per amore senza ritorno … ed è bello il suo stupore di vedere ritornare questo samaritano, un uomo vuoto di tutto, ma riempito di tutto.

Non conta tanto la Fede, ma conta quello che questa Fede riesce a cambiare in noi, quali occhi ci dona, quale pensiero rinnovato ci dona, quale cuore ci dona … quale modo di vivere scegliamo poi.

 

Con questo, non è detto che i 9 – magari il giorno dopo – hanno inseguito Gesù per ringraziarlo e magari per seguirlo … Ci hanno messo un po’ di tempo in più, ma magari ce l’hanno fatta e si sono ri-incontrati con il samaritano da guariti dentro e fuori … perché no? Magari è successo davvero così: questo Sacerdote di nome Gesù ha una pazienza infinita e aspetta tutti e sempre.

Memoria da servo inutile

Una favola … forse …

Un ricordo … forse

Una spiegazione … forse

Senza immagini questa “storia” (inventata), perchè le stesse parole sono immagini … forse.

Un caldo dell’accidenti faceva quel giorno.

Noi eravamo nei campi, come al solito, a fare il nostro lavoro.

Il padrone non c’era perché si era allontanato per un viaggio di lavoro, ma noi – che amavamo un sacco il nostro padrone – lavoravamo come se lui fosse stato alla finestra a guardarci – spero – sorridendo e volendoci bene.

Io, poi, – lo confesso – ogni tanto e senza smettere di lavorare guardavo verso quella finestra sperando di vederlo e sperando che vedesse tutto il mio sorriso sudato e impolverato.

Bè, mica era bello ‘sto sorriso, così conciato, ma tanto lui non mi vedeva ed osavo.

Ebbene sì, lo confesso, lavoravo come matto e a volte stuzzicavo gli altri, ma c’erano tante cose da fare …

Ci davo dentro e non ci credevo troppo a quelli che dicevano di “non stare bene” … sì, insomma a quelli che “marcavano visita” … ai “lazzaroni” di professione.

Poi un giorno il padrone è tornato verso mezzogiorno, il momento in cui noi “staccavamo”un po’ per mangiare.

All’improvviso è arrivato il “servo di casa”, quello che si occupava di cibarie e tutto il resto, e corre verso di me.

Ho pensato: “Ma dove cavolo va, sto cretino, Il Padrone è in casa,  magari ha bisogno e lui viene qui e viene qui da me, pure”.

Quando è stato vicino, tutto bello sudato (così impara ecco e sa che la sua è una bella vita in casa ed al fresco) mi dice:

“Corri, il padrone ti chiama e vuole vederti subito”.

Ho sbuffato, cavolo se ho sbuffato, ma proprio adesso? Proprio adesso che mi sono concesso un quarto d’ora di riposo. Uè, va bene tutto, voglio un gran bene al mio padrone, ma accidenti non poteva aspettare un attimo, ho da fare e sono stanco.

Mi sono girate, eccome se mi sono girate.

I miei fratelli servi mi guardavano storto per la reazione e pareva mi dicessero “Beccati questo, perfettivo rompiscatole”.

Comunque sia, borbottando, sudando e recriminando ho seguito il servo di corsa (malefico!!! Almeno avesse camminato … e no, correva lui … bello fresco di casa).

Sono entrato in casa ed il padrone era là ad attendermi con una faccia che non vi dico.

O almeno, pareva furente (magari gli era andato qualcosa di storto), ma anche divertito.

Davanti a quella faccia mi sono innervosito ancora di più … sì bé, insomma, io stavo lavorando per lui, almeno un sorriso, almeno uno “scusa” come sempre faceva.

Ho pensato di aver fatti qualche malefatta, ma no … avevo fatto tutto bene e quindi? Che cosa voleva da me?

Mi guarda fisso negli occhi (che radiografia gente, ma ha degli occhi che te li raccomando) e mi  dice:

“Lavati le mani, preparami da mangiare e servimi”

E’èèèèèèèèèèèè??????????

Ma siamo fuori? (ho pensato, mica l’ho detto) … Ne hai qui 10 in casa belli freschi e “preposti”-  (wow, come parlo bene) – a quello, e vieni a chiamare me che ero nei campi e sono stanco come un asino?

Ma sei lo stesso padrone che è partito oppure ti han fatto il lavaggio del cervello strada facendo?

Comunque sia, lo guardo storto e vado e faccio tutto … ovviamente dicendogliene (nella mente) di tutti i colori.

Per me ora ha esagerato, davvero ha esagerato il mio padrone. Ah, ‘sti padroni, gli dai un braccio e loro si prendono tutto il resto. Che pazienza!!!

Gli altri servi di casa, mi guardavano e ridevano ed io li avrei volentieri inforcati con tutto quello che avevo tra le mani.

Ma di là c’era il padrone “girato” e pure di fretta (mi aveva detto un bel “sbrigati” prima di impartirmi l’ordine più scemo ed ingiusto mai sentito).

Prepararo tutto, comunque, e poi lo servo (pure quello).

Poi sto lì … ah, questa volta aspetto almeno un “grazie” e sto lì imbronciato come un mulo a cui hanno pestato la coda.

Lui, mi tiene lì, mi guarda, e – poi – mi rispedisce nei campi e pure di corsa.

Al che mi sono ribellato, ho sfidato le frustate, e mi sono ribellato. Ué, schiavo sì, ma – che diamine – un po’ di dignità.

E tutto quello che avevo dentro gliel’ho servito proprio come il pasto di prima … che si mangi questo adesso! Oh …là!

Lui si tira indietro con le spalle e mi dice:

“Ma tu sei un servo o no?”

Ovvio che gli rispondo di sì.

“E quindi?”

Gli rispondo: “quindi che?” (la mia mamma mi ha detto che è cattiva educazione rispondere ad una domanda con una domanda, ma ero furioso)

Mi risponde lui con  una faccia da “tirasberle”:

“Quindi mi devi servire, no?”

Io rispondo diventando rosso dalla rabbia “E che ho fatto sino ad ora? Non ho forse lavorato nei campi fino a spezzarmi la schiena? Non ho fatto di più di quello che comandavi? Non ho ubbidito  a quest’ultimo tuo ordine così ingiusto? Ho fatto tutto e tu neppure un grazie … niente! Capricci da padrone? Guarda che qui non raccogliamo fragoline di bosco!”

Lui si alza minaccioso (ohi, ohi, quando fa così,  fa paura anche a me) e mi dice:

“Bene, allora sappi che sei un servo inutile ed hai reso inutile tutto quello che hai fatto con le tue recriminazioni sui tuoi fratelli, il tuo pensare sempre male, il tuo pensare di essere il “bravo” in assoluto, il “martire dell’amore”. Sei inutile, proprio inutile e hai reso inutile tutto. Hai fatto solo il tuo dovere, nulla di più e lo hai fatto per te stesso, non per me: non mi hai amato come avrei voluto. Ma tu ami me, o ami le mie cose? E se ami me, come puoi sentirti al di sopra di tutti? E se mi ami davvero, dovrebbe essere una gioia – pur stanco qual sei – a servirmi qui o no?”

Cappero, ha ragione … come al solito ha ragione, ma io non cedo … ecco non cedo e lo guardo di sbieco.

Lui questa volta ride (o santo cielo, è andato fuori di testa di brutto!!!) e mi dice:

“Per punizione, ogni qual volta io sono in viaggio, quando” stacchi” per mangiare e riposarti invece che stare lì all’ombra di qualche alberello a bearti, corri qui a casa e ci stai scrutando l’orizzone;  alla sera poi, quando vorrai andare a dormire, starai – invece – sveglio ad aspettarmi”

Ho pensato “Coooooooosa? Ma va bene, me lo sono cercato, meglio questo che le frustate”.

Il giorno dopo, manco farlo apposta, parte di nuovo (ma stare un po’ fermo no?) e non dice quando torna, se di giorno o di notte …. Parte e basta.

Ed inizia il mio inferno … accidenti se è dura … però gli voglio bene davvero a ‘sto padrone fuori di testa e così sorprendente!!!!!

Arriva una mattina all’alba tutto sorridente e contento … io no, io ho le occhiaie che mi arrivano ai piedi e non so come farò a stare nei campi oggi dopo 15 giorni di questa vita.

Mi guarda con uno sguardo che mi passa tutta la stanchezza, mi si scioglie il cuore e …. Ma che vada all’inferno tutto, se lui mi vuole lì, sto lì; se lui mi vuole là, sto là … tutti i miei fratelli sono bravi, attenti e generosi … capiranno (forse hanno già capito e magari prima di me).

Mi guarda con quello sguardo, mi si avvicina (e mi sciolgo tutto), mi abbraccia e mi dice: “Vai a lavarti, profumati e siedi a tavola: oggi ti servo io, ti servo personalmente”

E così ha fatto …. Anzi mi ha lavato lui stesso i piedi, mettendosi in ginocchio.

Da allora, quando lui parte, lo aspetto sempre di notte, gli faccio trovare le luci accese di casa, servo addirittura i miei fratelli servi e …. non me ne importa un accidenti di niente,  perché tutto è molto più leggero, tutto è più leggero al ricordo di quell’alba luminosa.

Diminuire per crescere

Commento al Vangelo del 3 ottobre 2010, XXVII domenica del tempo ordinario (anno C)

+  Dal Vangelo secondo Luca (Lc 17,5-10)
In quel tempo, gli apostoli dissero al Signore: «Accresci in noi la fede!».
Il Signore rispose: «Se aveste fede quanto un granello di senape, potreste dire a questo gelso: “Sràdicati e vai a piantarti nel mare”, ed esso vi obbedirebbe.
Chi di voi, se ha un servo ad arare o a pascolare il gregge, gli dirà, quando rientra dal campo: “Vieni subito e mettiti a tavola”? Non gli dirà piuttosto: “Prepara da mangiare, stríngiti le vesti ai fianchi e sérvimi, finché avrò mangiato e bevuto, e dopo mangerai e berrai tu”? Avrà forse gratitudine verso quel servo, perché ha eseguito gli ordini ricevuti?
Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: “Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare”».
Parola del Signore

Accresci la mia fede !
Tutto parte da questa semplice domanda che i discepoli rivolgono a Gesù. Certamente essi si aspettano una serie di indicazioni pratiche, invece ricevono un esempio dell’atteggiamento con cui si devono fare le cose: come servi, e per di più inutili.
Questo non vuol dire che mi devo rassegnare alla mia piccolezza ed alla mia inutilità, ma mi fa mettere nella giusta dimensione le opere che io compio : sono le opere Dio stesso compie attraverso di me, ed io non sono altro che uno strumento , un servo.

Per crescere nella fede devo saper dimuire in tutto quello che mi impedisce di avere un rapporto vero con Gesù.
Solo così si possono compiere azioni che mi sembrano impossibili, ma diventano reali perchè sono compiute da Dio attraverso di me.

Una massima di Sant’Ignazio di Loyola, il fondatore della Compagnia di Gesù, era questa: “Fa come se tutto dipendesse da te, aspettati come se tutto dipendesse da Dio“. Il suo significato, duplice significato: impegnati senza avere aspettative e tutto quel che ti giungerà sarà comunque buona cosa, perchè proverrà da Dio

Sto leggendo (per la seconda volta) “Lettere dal deserto”, un libro di Carlo Carretto, del quale ricorre in questi giorni l’anniversario dei 100 anni dalla sua nascita.
Riporto un brano del libro.

Per molti anni avevo pensato di essere “qualcuno”nella Chiesa. Avevo perfino immaginato questo sacro edificio vivente come un tempio sostenuto da molte colonne piccole e grandi e sotto ogni colonna la spalla di un cristiano.
Anche sulle mie pensavo gravasse una sia pur piccola colonna.
A forza di ripetere che Dio aveva bisogno degli uomini e che la Chiesa aveva bisogno di militanti, vi avevamo creduto.
L’edificio gravava sulle nostre spalle.
Iddio, dopo aver creato il mondo, s’era messo a riposo; il Cristo, fondata la Chiesa, era scomparso nel Cielo. Tutto il lavoro era restato a noi, alla Chiesa. Soprattutto noi dell’Azione Cattolica eravamo i veri facchini, che sostenevano il peso della giornata.
Con questa mentalità non ero più stato capace d’andare in vacanza; anche la notte mi sentivo militante. Ed era tanto il lavoro, che, per espletarlo, il tempo non era più sufficiente. Si procedeva sempre di corsa da un impegno all’altro, da una adunanza all’altra, da una città all’altra.
La preghiera era affrettata, i discorsi concitati, il cuore agitato.
Siccome tutto dipendeva da noi e il tutto andava così male, si aveva ben ragione di essere inquieti.
Ma chi si era accorto di ciò? Sembrava sì giusta e sì vera la via dell’azione!
Già da piccoli s’era incominciato col ritornello: “Primi in tutto per l’onore di Cristo Re”; quindi, diventati giovani: “Tu sei guida”; diventati adulti: “Sei un responsabile, sei un capo, sei un apostolo”… A forza di essere “qualcosa” sempre, la piega dell’anima era stata presa; e le parole di Gesù: “Voi siete servi inutili”, “Senza di me non potete far nulla”, “Chi di voi vuol essere il primo sia l’ultimo” sembravano dettate per altra gente, per altri tempi; e scorrevano sulla pietra dell’anima senza più intaccarla, bagnarla, ammorbidirla.
È caratteristica la parabola della mia vita. Il mio primo maestro mi aveva detto: “Primo in tutto per l’onore di Cristo Re”; e l’ultimo, Charles de Foucauld, mi aveva suggerito: “Ultimo di tutti per l’amore di Gesù Crocifisso”.
Eppure può darsi che tutti e due avessero ragione e che il colpevole fossi io a non capire bene la lezione.
In ogni caso ora ero là, in ginocchio, sulla sabbia della grotta che aveva preso le dimensioni della Chiesa stessa; e sentivo sulle mie spalle la famosa colonnina del militante. Forse era questo il momento di vederci chiaro.
Mi trassi indietro di colpo, come per liberarmi da quel peso. Che cosa avvenne? Tutto rimase al suo posto, immobile. Non una scalfittura nella volta, non uno scricchiolio.
Dopo venticinque anni mi ero accorto che sulle mie spalle non gravava proprio niente e che la colonna era falsa, posticcia, irreale, creata dalla mia fantasia, dalla mia vanità.
Avevo camminato, corso, pedalato, organizzato, lavorato, credendo di sostenere qualcosa; e in reltà avevo sostenuto proprio nulla.
Il peso del mondo era tutto su Cristo Crocifisso. Io ero nulla, proprio nulla.
Ce n’era voluto a credere alle parole di Gesù che da duemiola anni mi aveva già detto: “Voi, quando avete fatto tutto ciò che vi è stato comandato dite: Siamo servi inutili, perché abbiamo solo fatto il nostro dovere” (Lc 17, 10).
Servi inutili !

Carlo Carretto – Lettere dal deserto

Servi a confronto

Luca 12: 37-38

Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli; in verità vi dico, si cingerà le sue vesti, li farà mettere a tavola e passerà a servirli.
E se, giungendo nel mezzo della notte o prima dell’alba, li troverà così, beati loro!

Lc 17: 7-10

Chi di voi, se ha un servo ad arare o a pascolare il gregge, gli dirà, quando rientra dal campo: “Vieni subito e mettiti a tavola”? Non gli dirà piuttosto: “Prepara da mangiare, stríngiti le vesti ai fianchi e sérvimi, finché avrò mangiato e bevuto, e dopo mangerai e berrai tu”? Avrà forse gratitudine verso quel servo, perché ha eseguito gli ordini ricevuti?

L’evangelista è lo stesso (Luca), i servi pure, il lavoro anche … ma perché, allora, in Lc 12: 37-38 vengono chiamati  “servi inutili”, mentre nell’altra pericope quei servi sono chiamati ad essere serviti?

Che cosa hanno di diverso, che atteggiamento hanno di diverso per avere una conclusione così antitetica?

Credo sia proprio quel

“troverà ancora svegli”

Servi che fanno tutto quello che devono, tutto quello ordinato loro, ma poi – alla fine della giornata – prendono tutto come un dovere fatto e finito lì.

Non ci hanno messo il cuore, hanno dato solo le mani e – magari – hanno dato perché pagati.

Diversi gli altri servi, perché in loro c’è amore per il padrone e vanno oltre al tempo, all’ordine ricevuto, al dovere.

La gioia di servire il Padrone è tanta che addirittura lo aspettano svegli (la vigilanza), lo attendono anche se non sanno quando arriverà.

Senza andare a parlare del momento in cui Lo incontreremo e tenendo i piedi ben fissi su questa terra direi che

1.       I primi sono dei mercenari anche spirituali, che magari sbuffano o si lamentano perché non c’è tornaconto, non c’è gratitudine. Il fratello maggiore della parabola del Padre buono, per intenderci.

2.       I secondi vanno oltre, i secondi giocano il loro cuore, amano il Padrone e sono pronti a fare qualunque  cosa a Lui serva, oggi, in questa vita … anche se poi arriveranno solo cose negative come ringraziamento

3.       I secondi non hanno deliri di onnipotenza, ma sono veloci e scegli per cogliere ogni esigenza del Padrone e della messe affidata alle loro cure. Anticipano la “chiamata” del Signore perché sono già lì pronti (nella pericope di oggi il Signore chiama quelli che sono presi dalle cose da fare, li richiama – quasi – con veemenza … nella seconda pericope, no, i servi sono già lì che lo aspettano)

4.       L’inutilità non sta nei servi stessi, ma nell’agire senza amore al Signore. Inutilità dei gesti che sono aridi (anche se magari sono fatti bene), inutilità della testimonianza, inutilità di qualsiasi cosa fatta in nome nostro, convinti che sia opera nostra, meritevoli di queste opere fatte e meritevoli di gratitudine.

No, non sono inutili i servi, sono inutili le opere dei sei servi se sono fatte solo per “fare” e solo perché si è stati pagati per quello.

Ma quanto sono amati quei servi che reputano “poco” quello che fanno rispetto all’amore che hanno ricevuto e che corrispondono al Signore … e sono così convinti che sia “poco” che rimangono svegli ad attendere nel caso il Padrone avesse bisogno di qualche cosa … anche solo, magari, vedere le luci della casa accesi, anche solo – magari –  trovare qualcuno che chieda “tutto a posto? Serve qualcosa? Sarai ben stanco, ma ora riposati che ti servo”

Ecco la diversità dell’agire e dell’azione, delle opere, dei Ministeri, del Magistero di tutto quello che è Chiesa ed essere Chiesa.

Chi di noi, ricevendo pugni pur avendo fatto del bene, rimane nella strada del fare del bene?

Chi di noi, non avendo alcun ringraziamento, per tanto che si è fatto, non ci fa caso e va avanti?

Chi di noi, oltrepassa la linea del “buon senso” e del “devo pensare anche a me stesso e mi riguardo”?

Chi lo fa?

A guardare tanta gente depressa, tanta gente sconsolata e triste, tanta gente che credendosi vittima di ingiustizie e per questo smette di essere giusto … direi che siamo tutti nella condizione di servi inutili.

Ecco perché serve la Fede … la fiducia che – per quanto le cose non vadano come vorremmo, per quanto non abbiamo le risposte che vorremmo, per quanto ci pare di lavorare a vuoto – fa andare avanti sulla stessa strada con un sorriso perché il Signore ha fatto lo stesso con noi, ha fatto lo stesso con quelli che Lo hanno messo in croce.

Se tutti fossimo così, quante lotte inutili nella vita e nel lavoro e nelle parrocchie, quanta gente lavorerebbe ancora con gioia e quanti pesi in meno porteremmo.

Buona domenica … per quello che ne rimane … a tutti …